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Due soli sms offensivi non integrano il reato di molestia, ma quello di ingiuria (Cassazione , sez. I penale 17.05.2005 n° 18449)

La sentenza indicata in epigrafe ha dichiarato S.C. colpevole della contravvenzione di cui all’articolo 660 Cp per avere il 7 novembre 2001, o sino a tale data, recato molestia a L.D. inviandole ripetuti Sms di contenuto ingiurioso ed ha condannato la stessa, previa concessione di attenuanti generiche, alla pena di 500 euro di ammenda.

Ricorre il difensore, deducendo:

- violazione di legge e vizio di motivazione, non valendo ad integrare il reato in questione, posto a tutela della tranquillità privata e non dell’onore personale, l’invio in rapida sequenza di due messaggi per difetto dell’elemento della petulanza, mentre di eventuali messaggi successivi, rilevabili solo dai tabulati (risultanti, peraltro, inviati in ore pomeridiane anziché notturne, come riferito dall’offesa) e non menzionati nella informativa di polizia, non potrebbe, comunque, tenersi conto in quanto successivi alla data del 7 novembre 2001, indicata nel capo d’imputazione come termine finale della condotta contestata;

- inammissibilità della costituzione di parte civile perché avvenuta successivamente al compimento delle formalità di cui all’articolo 484 Cpp ed alla dichiarazione di apertura del dibattimento;

- violazione di legge quanto alla determinazione della pena base in euro 750, superiore al massimo edittale pari a euro 516,00;

- carenza assoluta di motivazione in ordine alla sussistenza del danno morale, alla sua entità ed alla quantificazione della somma liquidata a titolo di risarcimento, peraltro riferiti ad una richiesta fondata sulla natura ingiuriosa dei messaggi pur procedendosi unicamente per il reato di molesti e non per quello di ingiuria.

Il ricorso è fondato in relazione al primo, assorbente motivo, dovendosi nella fattispecie ritenere integrato il reato di ingiuria (per il quale non risulta proposta querela) e non la contestata contravvenzione di molestia: la condotta illecita che il giudicante ha considerato sorretta da valida prova risulta, invero, essersi esaurita nell’invio, in rapida sequenza, di due messaggi (sms) di contenuto ingiurioso che, anche per le modalità della forma di comunicazione prescelta (realizzata in forma scritta e non vocale) e per l’ora diurna in cui l’imputata agì, non appaiono idonei a ledere il bene giuridico della privata tranquillità ma soltanto quello dell’onore personale. Va, inoltre, considerato che la previsione incriminatrice, formulata in epoca in cui l’impiego del telefono era concepibile soltanto mediante comunicazioni vocali, non può ritenersi estensibile anche all’ipotesi in cui detto mezzo (nella specie telefono cellulare) sia utilizzato esclusivamente per l’invio dei cosiddetti “sms”, pienamente assimilabili agli scritti contemplati dall’articolo 594 piuttosto che alle comunicazioni telefoniche di cui all’articolo 660 Cp.

Deve, infine, rilevarsi anche a prescindere dalle suesposte considerazioni, come la sentenza abbia essenzialmente incentrato le proprie argomentazioni sulla sola condotta del giorno 7 novembre 2001, che segna il termine finale della contestazione, mai modificata od integrata in corso di giudizio, senza minimamente precisare se gli ulteriori messaggi registrati sui tabulati si riferiscano ad epoca antecedente od, invece, come sostenuto dal ricorrente, esclusivamente a date posteriori e, quindi, estranee all’ambito dell’imputazione contestata e ritenuta in sentenza, con conseguente difetto anche del requisito della petulanza, per sua natura integrato dalla protratta reiterazione e serialità della condotta illecita, non certo ravvisabile nell’invio di due soli messaggi, da valutarsi alla stregua di una comunicazione sostanzialmente unitaria stante il brevissimo intervallo che li divise.

P.Q.M.

Qualificato il fatto come ingiuria, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’azione penale non poteva essere esercitata per difetto di querela.

 


Autore: Vittorio Mirra


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