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Le tipologie contrattuali del rapporto di prestazione artistica
La prestazione professionale dell’artista può inquadrarsi in due schemi contrattuali: quello del rapporto di lavoro autonomo e quello del rapporto di lavoro subordinato.

1. Lavoro autonomo.

Il rapporto di lavoro autonomo si costituisce attraverso la stipulazione di un contratto d’opera. Quest’ultimo è disciplinato dagli artt. 2222 e seguenti del Codice Civile, ai sensi del quale con il contratto d’opera una persona (l’artista) si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione verso il committente.
Come emerge chiaramente dalla definizione, il rapporto di lavoro autonomo è caratterizzato innanzitutto dall’elemento della indipendenza dell’artista, nel senso che quest’ultimo presta la sua opera al di fuori di un contesto organizzativo e senza sottoporsi all’attività di direzione di un datore di lavoro.
Altri aspetti distintivi del lavoro autonomo sono: l’assenza di vincoli orari, l’impossibilità per il datore di lavoro di infliggere sanzioni disciplinari, libertà di decidere tempi e modi dello svolgimento della prestazione, compenso normalmente commisurato all’intera prestazione e non su base oraria.
Quanto alla durata, normalmente, il rapporto di lavoro autonomo si esaurisce con il compimento della prestazione dedotta come oggetto del contratto (ad esempio: ritratto, scultura, opera architettonica, servizio fotografico, programma televisivo, etc.).

2. Lavoro subordinato.

L’art. 2094 del Codice Civile dispone che "E' prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale e manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore".
Nel rapporto di lavoro subordinato, dunque, la prestazione artistica è caratterizzata dall’inserimento del lavoratore nel complesso aziendale e nell’organizzazione predisposta dal datore di lavoro all’interno della quale l’artista è sottoposto al potere direttivo disciplinare ed artistico dell'imprenditore (con riferimento, ad esempio, agli orari di lavoro, ai costumi da indossare, ai modi e tempi della prestazione, alla retribuzione a tempo con busta paga e così via), sul quale grava tutto il rischio dell'organizzazione dello spettacolo.
La distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato è molto importante sotto il profilo di preziose garanzie per l’artista – lavoratore, con riguardo, tra l’altro, agli aspetti dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché ai presupposti per la cessazione del rapporto (il licenziamento richiede presupposti più rigorosi rispetto alla cessazione del contratto di collaborazione e di lavoro autonomo in generale), con evidenti disparità degli strumenti di tutela azionabili dal lavoratore.
Proprio per motivi di tutela del lavoratore, dunque, i giudici hanno elaborato diversi criteri in presenza dei quali il rapporto deve considerarsi di lavoro subordinato a prescindere dalla forma e dal nome dati dalle parti al contratto.
Sotto l’aspetto della durata, il contratto di scrittura artistica può essere tanto a tempo indeterminato (se non è fissato un termine di cessazione del rapporto), ovvero a tempo determinato (se l’artista è assunto per l’esecuzione della suo opera per un periodo di tempo predefinito).
Nell'ambito del lavoro subordinato, il contratto a tempo determinato è la specie più diffusa nell’ambiente dello spettacolo poiché meglio si adatta alle ordinarie necessità del datore di lavoro di far fronte ad esigenze limitate nel tempo (ad esempio, opere cinematografiche, stagioni teatrali, trasmissioni televisive, ecc.). Secondo questo principio di temporaneità la fissazione di un termine di cessazione del rapporto è legittima ogni volta che l’attività lavorativa è destinata a realizzare esigenze di carattere temporaneo del datore di lavoro. La legislazione vigente consente espressamente la fissazione di un termine al rapporto di lavoro subordinato «nelle assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi» (art. 1 della legge n. 230/62).

3. Lavoro parasubordinato.

Il lavoro parasubordinato è riferito dal Codice di Procedura Civile ai "rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato".
Questo rapporto si costituisce di norma attraverso un contratto detto di collaborazione coordinata e continuativa il quale non è altro che un contratto di lavoro autonomo nel quale il rapporto è caratterizzato dalla natura prevalentemente personale e diretta della prestazione, dalla continuatività e dalla coordinazione con i fini e l’organizzazione del datore di lavoro.
Non si tratta, dunque, di un terzo tipo di rapporto rispetto agli altri due, ma di una forma di lavoro autonomo con determinate caratteristiche. Anche la giurisprudenza ha chiarito che tale tipo di rapporto è soggetto alla disciplina sostanziale dettata per il lavoro autonomo, essendo la parasubordinazione rilevante solo ai fini processuali (competenza del giudice del lavoro in luogo di quello ordinario) e anche per l’estensione di alcune garanzie proprie del lavoro subordinato.

Per gentile concessione di: Jus Gratia Artis

Autore: Dott. Massimo Prosperi


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