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La “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” nel 64° anniversario della sua proclamazione.

La “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in data 10 dicembre 1948, dopo aver sottolineato, nel preambolo,  che:

a)  “il riconoscimento della dignità umana a tutti i membri della famiglia umana e dei loro  diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della  pace nel mondo”;
b) “il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno portato ad atti di barbarie  che  offendono la coscienza dell’umanità, che l’avvento di in mondo in cui gli esseri  umani  godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore  e dal bisogno è  stato  proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo”;
c) “è indispensabile che i diritti dell’uomo siano protetti da norme giuridiche se si vuole  evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la  tirannia e l’oppressione”, esordisce affermando che

• “tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti e che essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza” (art. 1);
• “ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà, enunciate nella Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione e di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione” (art. 2).
  
Dopo l’enunciazione solenne di tali principi la Dichiarazione si sofferma, successivamente, ad elencare i diritti che, in quanto fondamentali, spettano all’uomo come persona sin dalla nascita e che, in quanto assoluti,  sono di per sé incomprimibili, inviolabili e imprescrittibili, che  accompagnano l’uomo per l’intero arco della sua vita temporale e che, in quanto tali,  per nessuna ragione, possono essere compressi, disattesi o violati  da altri né tanto meno dalle istituzioni.

I diritti enunciati dalla Dichiarazione sostanzialmente sono quattro:

• i diritti della persona: diritto alla vita; diritto alla  sicurezza ed al rispetto della propria persona; diritto all’eguaglianza; diritto alla libertà personale; diritto alla riservatezza;  diritto al riconoscimento, in ogni luogo, della propria personalità (artt. 3-12);

 i diritti che spettano all’uomo nei rapporti con le aggregazioni sociali nel cui ambito esprime la propria personalità (stato, famiglia, associazioni): diritto di cittadinanza; diritto alla libertà di  movimento; diritto di proprietà; diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di espressione; diritto alla libertà di riunione e di associazione (artt. 13-20);

• i diritti politici: diritto di accesso e di partecipazione al governo del proprio paese attraverso rappresentanti liberamente scelti; diritto di accedere in condizione di eguaglianza ai pubblici impieghi;  diritto alla sicurezza sociale (artt 21 e 22);

• i diritti socio-economici e culturali: diritto al lavoro e alla libera scelta dell’impiego; diritto ad una retribuzione equa e soddisfacente; diritto al riposo ed allo svago; diritto all’assistenza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vecchiaia, perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla propria volontà; diritto all’istruzione indirizzata al pieno sviluppo della propria personalità ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; diritto di partecipazione alla vita culturale della comunità (artt. 23-28).

Dopo l’enunciazione dei diritti fondamentali, quali sopra riportati, il documento, sottolineando che “ogni individuo ha dei doveri  verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità”, affronta, per ultimo, il tema delle limitazioni nell’esercizio dei diritti e delle libertà individuali affermando che ognuno “deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento ed il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale di una società democratica” (art. 29).

La Dichiarazione conclude, infine, che nulla di quanto enunciato “può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati” (art. 30).

Come è dato chiaramente di vedere la Dichiarazione, basandosi sul riconoscimento della dignità, quale fondamento indiscusso della liberta dell’uomo, non ammette deroghe o limitazione alcuna nell’esercizio di tali diritti vietando, in modo categorico, ogni ingerenza che possa, in concreto, alterare o condizionare il godimento degli stessi.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, pur non essendo giuridicamente vincolante per gli Stati membri dell’O.N.U., costituisce, lo stesso, un codice etico dal valore inestimabile atteso che trattasi del primo  documento che sancisce universalmente i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo e che, in quanto tale, costituisce ancora oggi, a distanza di tanti anni dalla sua promulgazione, un parametro di riferimento, autorevole e qualificato, in base al quale la Comunità Internazionale può delegittimare gli Stati che sistematicamente calpestano i principi ivi sanciti ignorando o violando i diritti promulgati.

Ad onor del vero taluni dei principi ivi sanciti li troviamo già in altre due “dichiarazioni” elaborati molti decenni prima a conclusione di eventi che, per portata e significato, hanno “segnato”, nel tempo, la storia dei popoli e dato il via a cambiamenti essenzialmente basati sul riconoscimento della libertà e dignità dell’uomo.

Trattasi della “Dichiarazione di Indipendenza”, promulgata dal Congresso Americano a Filadelfia il 4 luglio 1776, e della “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” del 26 agosto 1789 approvata dall’Assemblea Nazionale Francese, sulla scorta anche del recente pronunciamento del Congresso Americano.

Per quanto riguarda la “Dichiarazione di Indipendenza”,  in gran parte elaborata nel 1776  da Thomas Jefferson, ci piace riportare in questa sede un brano che, costituendo, all’epoca,  un “evento” storico di grandissima portata, ha dato il via, nei tempi successivi, alla lotta per la conquista della libertà dei popoli e per l’affermazione, ovunque, del diritto dell’uomo all’eguaglianza ed al rispetto della propria dignità:


• “……sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali;  che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzare i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua sicurezza e la sua felicità”.

Relativamente, poi, alla “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino”, elaborata nel corso della rivoluzione francese e proclamata dall’Assemblea Nazionale Francese nel 1789, taluni “passaggi” meritano di essere particolarmente ricordati, quali

• l’art. 1 “Gli uomini nascono e vivono liberi ed eguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune”;
• l’art.  2 “Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono: la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione”;
•  l’art. 3 “Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione; nessun corpo, nessun individuo può esercitare un’autorità che non emani espressamente da essa”;
• l’art.  6 “La legge è l’espressione della volontà generale.  Tutti i cittadini hanno diritto a concorrere personalmente o per mezzo dei loro rappresentanti alla sua formazione. Essa deve essere eguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca”;
• l’art. 10 “Nessuno deve essere disturbato per le sue opinioni  anche religiose purchè la manifestazione di esse non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla legge”;
• l’art. 11 “La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo. Ogni cittadino può dunque parlare, scrivere e pubblicare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge”.

Per ultimo, vanno ricordati anche gli articoli 7 ed 9 che enunciano il principio di legalità per il quale

 .   “nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenuto, se non nei casi contemplati dalla        legge e secondo le forme che essa ha prescritto”,
 .     sta alla legge stabilire “pene strettamente ed evidentemente necessarie”,
  .    “nessuno può essere punito  se non in forza di una legge stabilita e promulgata          anteriormente al delitto e legalmente applicata”.

La dichiarazione francese, al pari di quella americana, costituì un grande passo verso la democrazia rappresentativa anche se molta strada era ancora da percorrere e molte difficoltà da superare.

La libertà è tutto.  Solo essa può, infatti, cimentare il rispetto di ogni valore umano e sociale e rafforzare ogni ideale.

Tornando alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 va subito detto che la stessa, come tutti i documenti che fissano principi, malgrado il tempo trascorso continua ancora ad essere largamente disattesa da parte di non pochi Stati.

Basta scorrere, infatti, gli annuali rapporti di Amnesty International per capire in che modo e in che misura i principi,  solennemente affermati dalla Dichiarazione, vengano spesso violati e quanta ipocrisia e cinismo si riscontri a volte nei comportamenti di taluni Paesi che, pur dichiarandosi rispettosi degli stessi, di fatto continuano ancora ad ignorarli.

Ciò che più colpisce non è tanto il tipo e la gravità delle violazioni accertate quanto il fatto che le stesse, anche se in modo e con intensità diverse, vengano perpetrate in gran parte del mondo con il coinvolgimento, a volte, di Stati ritenuti sensibili ai valori propugnati.

Se è vero che negli ultimi decenni si sono registrati progressi  in tale campo è anche vero, però, che molta strada è ancora da percorrere perchè l’uomo, come persona, possa far valere universalmente e per intero la propria dignità.

La rilettura della “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” nonché dei documenti che l’hanno ispirata (quali la “Dichiarazione di Indipendenza” del 1776 e la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” del 1789) va, pertanto, vista quale occasione di riflessione e di stimolo perchè si incentivi ulteriormente e si allarghi il comune impegno al rigoroso rispetto, ovunque, dei principi di libertà, di giustizia e di dignità atteso che gli stessi, per i valori che rappresentano, non possono non presiedere ogni civile convivenza e costituire l’essenza di ogni crescita e miglioramento sociale.

A conclusione va, anche, ricordato che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, promulgata dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1948, ha fortemente ispirato la “Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950.

Convenzione che, aperta alla firma e all’adesione di qualsiasi Governo Europeo, nel tempo si è arricchita di “Protocolli addizionali” finalizzati tutti a rafforzare l’impegno comune alla tutela ed alla salvaguardia dei principi ivi sanciti nonché ad  allargarne i contenuti in un’ottica di miglioramento continuo e costante dei comportamenti e delle azioni degli Stati aderenti.


Autore: Fernando Sacco


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