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| Non c’e’ diffamazione se si da’ del 'cornuto' a persona non bene identificata |
La Suprema Corte di Cassazione – Sezione Quinta Penale –, con sentenza n. 37466/2001, ha statuito che non costituisce reato di diffamazione (previsto dall’art. 595 c.p., che così recita: “Chiunque……comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a lire quattro milioni. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un milione”) l’attribuzione dell’epiteto “cornuto”, se rivolto a persona non identificabile.
Con detta pronuncia è stata annullata la sentenza del Tribunale di Modena che aveva condannato una nota conduttrice di televendite di prodotti per l’estetica alla pena di giustizia per il reato di diffamazione; tale reato era stato contestato all’imputata, poiché nel corso della sua trasmissione televisiva aveva più volte qualificato come cornuto un soggetto indicato solo con il prenome “Alcide”, e il presunto diffamato si era subito individuato in tale indicazione in ragione di interiori rapporti di natura pubblicitaria e di riconoscimento confermato da persone del settore commerciale relativo a prodotti per l’estetica.
A sostegno del dettato principio, la Corte di Cassazione ha rilevato che il quadro accusatorio del Giudice di merito era carente dell’elemento oggettivo del reato, in quanto:
a)- “è ben noto, infatti, che in materia di diffamazione (seppure connessa col mezzo televisivo) l’individuazione dell’effettivo destinatario dell’offesa è condizione essenziale ed imprescindibile a configurare la rilevanza giuridica e penale del fatto, col corollario che almeno tale individuazione possa essere dedotta, in termini di individuabilità e di affidabile certezza, dalla stessa prospettazione oggettiva dell’offesa, non surrogabile per effetto di intuizioni o di soggettive congetture del destinatario”;
b)- “le risultanze processuali esaminate (sentenza impugnata, imputazione e ricorso), evidenziano l’oggettiva insussistenza di tali richieste condizioni di individuazione o di individuabilità del diffamato, semplicemente indicato dalla imputata come Alcide nel suo articolato e confuso discorso sulla sua situazione di cornuto, senza alcun collegamento a vicende commerciali o personali significative di contatti avuti col querelante Alcide, identificatosi nella persona offesa soltanto per effetto di personali intuizioni (connesse ad una infruttuosa vicenda contrattuale di pubblicità) e di vaghi riferimenti testimoniali”;
c)- “consegue che la trasmissione televisiva in contestazione non lascia emergere la sussistenza di circostanze obiettivamente idonee a rappresentare il certo coinvolgimento del querelante nel discorso diffamatorio dell’imputata”. |
Autore: Alberto Foggia |
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