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FATTISPECIE NEGOZIALE, AMBITO DI OPERATIVITA', LIMITI DELLA DISCIPLINA ITALIANA. (VI PARTE)
LE TECNICHE DI TUTELA DEL CONSUMATORE.

1. In tema di credito al consumo, quando si parla di trasparenza, vengono in gioco la disciplina della pubblicità indicata dall'art. 116 T.U. come integrata dagli artt. 122 e 123 in tema di Tasso annuo effettivo globale (TAEG), l'art. 119 sulle comunicazioni periodiche alla clientela e l'art. 124, co. 2 e 3 in tema di prescrizioni contrattuali obbligatorie.
Il finanziatore dovrà quindi provvedere ad esporre "in ciascun locale aperto al pubblico" le condizioni del credito come da primo comma del ripetuto art. 116, indicare il TAEG ed il relativo periodo di validità.
L'indicazione del TAEG e del relativo periodo di validità dovrà inoltre assistere, prescrive il comma secondo dell'art. 123, "annunzi pubblicitari e…offerte, effettuati con qualsiasi mezzo, con cui un soggetto dichiara il tasso d'interesse o altre cifre concernenti il costo del credito". Non dunque ogni annunzio pubblicitario o ogni offerta sono sottoposti all'obbligo di indicazione del TAEG, ma solo quelli recanti dichiarazioni in ordine al tasso dell'interesse o ad altre cifre concernenti il costo del credito.
Il TAEG è il costo totale del credito a carico del consumatore, espresso in percentuale annua del credito concesso. Esso comprende gli interessi e tutti gli oneri da sostenere per utilizzare il credito, incluso l'eventuale costo dell'interposizione di un terzo (art. 122, co. 3).
Diversamente da quanto disposto dal secondo comma dell'art. 122, le modalità di calcolo del TAEG, gli elementi da computare e la stessa formula di calcolo non sono stabiliti dal Comitato del credito con apposita delibera successiva all'entrata in vigore della norma, ma ancora dal d.m. 8 luglio 1992, anche in questo caso grazie al cennato meccanismo di ultrattività dell'art. 19, co. 2, l. 142/1992.
L'elemento di reale novità sotteso a questo indicatore dell'onerosità del finanziamento deriva dall'essere il TAEG un tasso di interesse effettivo a fronte della tradizionale vocazione del nostro ordinamento a prescegliere principi in un modo o nell'altro riferentisi a tassi di interesse nominali. La distinzione tra i due indicatori del debito risiede fondamentalmente nell'elemento temporale della riscossione dell'interesse che, a fronte di un interesse annuo nominale, può verificarsi (e, di fatto, si verifica) con riferimento a periodi inferiori all'anno (es: un trimestre, un semestre), con il vantaggio per l'intermediario di poter concedere ? con l'aliquota di interessi riscossa anticipatamente ? nuovi prestiti. Di converso, il TAEG è quel tasso che "rende uguali, su base annua, i valori attuali di tutti gli impegni (prestiti, rimborsi ed oneri) esistenti o futuri presi dal creditore e dal consumatore".
La disciplina del TAEG è stata parzialmente integrata dal recente d. lgs. 25 febbraio 2000, n. 63, attuativo della direttiva 98/7/CE di modifica della direttiva - cardine sul credito al consumo (e cioè della nota direttiva 87/102/CEE) che ha fondamentalmente riguardato due versanti: 1) la prescrizione di un unico metodo di calcolo del TAEG all'interno dell'Unione europea; 2) l'indicazione del TAEG attraverso un esempio tipico.
Questo tasso, che ha il pregio di esprimere in forma elementare il costo finanziario del contratto, pur non essendo in grado di garantire, da solo, la qualità del contratto, è un indicatore sintetico di immediata percezione, idoneo a favorire comportamenti economicamente razionali e consapevoli.
Queste funzioni, questi scopi sono di estremo interesse e di sicura utilità a fini di progressivo accrescimento della consapevolezza da parte del consumatore nella selezione dell'offerta prima, nella conclusione del contratto poi.
Su un piano parallelo, meno immediato ma non meno importante, l'introduzione di detto strumento, le sue strutturali connotazioni rivolte verso la definizione di un tasso di interesse effettivo anziché nominale com'è invece prassi dell'ordinamento, hanno costituito una tappa significativa nella progressiva erosione, ad opera della giurisprudenza, della liceità dell'anatocismo nei contratti bancari.




2. Ulteriore disposizione di rilievo nel processo di formazione della volontà consapevole del consumatore è rappresentata dall'art. 124, in parte già richiamato per ciò che attiene alle prescrizioni obbligatorie in materia di TAEG.
L'incipit della norma ha ad oggetto l'applicazione, anche per il credito al consumo, del requisito della forma scritta del contratto, con consegna di un esemplare al cliente, di cui all'art. 117 co. 1, T.U., e della sanzione di nullità del contratto a fronte dell'inosservanza del prescritto requisito formale.
Mette conto, in questa sede, sottolineare come, a fronte di una norma che prevede due specifici adempimenti a carico del finanziatore (redazione del contratto in forma scritta e consegna di un esemplare al consumatore), venga espressamente sanzionata con la nullità del contratto, invocabile dal cliente (nullità relativa), l'inosservanza di uno solo di essi, e cioè del solo requisito della forma scritta.
Il successivo comma dedicato ai "contratti di credito al consumo che abbiano ad oggetto l'acquisto di determinati beni o servizi", prescrive, sempre a pena di nullità relativa, ulteriori obblighi di trasparenza informativa. La fattispecie riguarda atti di finanziamento teleologicamente volti all'acquisto di beni o di servizi determinati fin dall'erogazione del credito, per i quali si pone il problema di fornire al consumatore informazioni sulle caratteristiche dell'oggetto aggiuntive rispetto a quelle più propriamente "finanziarie" del contratto di credito. Dunque mutuo di scopo e, in generale, ogni altro contratto collegato a quello di finanziamento per l'acquisto di beni o servizi ed anche tutte le forme del c.d. leasing traslativo al consumo, visto che espressamente la lett. c) del cennato terzo comma prescrive vengano indicate "le condizioni per il trasferimento del diritto di proprietà, nei casi in cui il passaggio della proprietà non sia immediato", evocando con ciò proprio la fattispecie ora richiamata.
Altra problematica che pertiene alla identificazione del perimetro applicativo dell'art. 127, co. 2, T.U. è quella concernente la possibilità o no per il giudice di rilevare d'ufficio fattispecie di nullità di clausole del contratto di credito al consumo.
Ed è problema non soltanto teorico, di teoria generale del contratto, ma anche e (forse) soprattutto pratico, visto che una recente sentenza proprio in materia di credito al consumo ha fornito risposta decisamente affermativa alla questione. Pur non sottacendo le difficoltà sottese alla "laconicità della norma", il Pretore di Bologna ritiene che la "tutela giuridica diseguale" statuita dal secondo comma dell'art. 127 T.U. sia tesa a favorire "l'affermazione di un modello di mercato caratterizzato tanto dalla libertà di accesso per le imprese quanto dalla libertà di scelta dei consumatori" in guisa di "obbiettivo fondamentale del progressivo riavvicinamento operato dal legislatore comunitario e nazionale tra diritto della concorrenza e diritto dei consumatori". Detto interesse generale, avente rilevanza pubblicistica, denoterebbe "le numerose norme di favore per il cittadino/consumatore/utente/cliente contenute nel codice civile e nella legislazione speciale….al cui presidio è solitamente apprestata una disciplina di natura imperativa". Tra queste risulta sicuramente compreso l'art. 1469 - quinquies, comma 3, cod. civ. che, "nell'attribuire un ruolo attivo al giudice ai fini di promozione dei diritti dei consumatori rispetto ai canoni di lealtà commerciale, delinea un modello misto tra nullità assolute e relative, che pare analogo a quello più ermeticamente descritto dall'art. 127, comma 2, del testo unico bancario". Da ciò la conclusione, a questo punto largamente prevedibile, che "le nullità del Capo VI del testo unico in materia bancaria possano/debbano essere rilevate d'ufficio" limitatamente ai casi in cui "esse si traducano in un vantaggio per il cliente.

Autore: Giuseppe Carriero
Leggi anche:
FATTISPECIE NEGOZIALE, AMBITO DI OPERATIVITA', LIMITI DELLA DISCIPLINA ITALIANA. (IX PARTE)
FATTISPECIE NEGOZIALE, AMBITO DI OPERATIVITA', LIMITI DELLA DISCIPLINA ITALIANA. (VII PARTE)
FATTISPECIE NEGOZIALE, AMBITO DI OPERATIVITA', LIMITI DELLA DISCIPLINA ITALIANA. (VIII PARTE)


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