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Violenza sessuale con inganno (Cass. Sez. III pen. 15 gennaio 2001 n. 250 ) |
Nella sentenza n. 250/2001, la Cassazione Sez. III pen. si sofferma sul reato di violenza sessuale ex art. 609 bis, con riferimento ai raggiri diretti a carpire il consenso della vittima. Il delitto di violenza sessuale consiste in uno o piu’ atti sessuali compiuti senza il consenso della vittima, con violenza , minaccia o abuso di autorità dell’agente (1° co.). Concretizzano il delitto in questione gli atti sessuali compiuti con il consenso viziato della vittima, qualora l’agente abbia abusato della sua condizione fisica o psichica o l’abbia tratta in inganno, con sostituzione di persona (2°co.). Nella fattispecie esaminata, l’imputato si presentava in qualità di fotografo, in grado di soddisfare le aspettative di lavoro delle aspiranti soubrette;esso si limitava a dei “toccamenti” ( al collo, al seno, al sesso ), giustificandoli sulla base di una “esigenza tecnica dell’arte fotografica e non per soddisfare il fine di libidine”. Successivamente, il “fotografo” chiedeva esplicitamente prestazioni sessuali alla vittima nella camera di un albergo, allo scopo di effettuare dei provini pornografici, e si spogliava completamente. La Corte di Cassazione conferma la decisione della Corte d’Appello la quale ha stabilito che la condotta dell’imputato ha cosituito un “atto idoneo diretto in modo non equivoco” alla commissione del rapporto sessuale. Infatti, il delitto di violenza sessuale si perfeziona anche se non vi è stata congiunzione carnale. La violenza, nella fattispecie in esame, è consistito nell’aver costretto la vittima a subire i “toccamenti” (atti sessuali) repentini, che hanno superato la resistenza e “la volontà contraria” della vittima. L’imputato abusava dello stato di inferiorità della vittima, creando la falsa aspettativa di un posto di lavoro (condotta fraudolenta) e giustificando i “toccamenti” per esigenze tecniche. La violenza sessuale non necessariamente consiste in un atto fisico al quale non si resiste; questa può consistere anche nella “repentina ed insidiosità” dell’azione che la vittima non ha potuto evitare, considerate anche la sua condizione di inferiorità e difficoltà di fatto. Nella condotta complessiva dell’imputato si è ravvisato anche l’inganno, con sostituzione di persona, consistente nel fatto di presentarsi in qualità di fotografo, con la promessa di un posto di lavoro. Il comportamento dell’imputato, pertanto, “viziava” in modo determinante il consenso della vittima agli atti sessuali. La fattispecie della sostituzione della persona trova la disciplina nell’art. 494 c.p.; questa non necessariamente coincide con la sostituzione della persona in senso fisico, ma può consistere “nell’attribuire a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici”. La Corte rileva che la fattispecie criminosa in esame ( violenza sessuale con inganno per essersi il colpevole sostituito ad altra persona) realizza una forma di reato complesso, perché l’elemento della sostituzione di persona concretizza di per sé una fattispecie di reato ex art. 494 c.p. La Cassazione considera una circostanza aggravante la reiterazione degli atti e i raggiri posti in essere nei confronti di persone “spinte dal bisogno di lavorare”. La Corte d’Appello individua quale ulteriore elemento qualificante la gravità del fatto la circostanza che l’imputato, affetto da HIV, poteva solamente in astratto, infettare la vittima.
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Autore: Avv. Bruno Sechi |
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