Alla riconciliazione dei coniugi la disciplina codicistica dedica solo due articoli (artt. 154 e 157, c.c.), richiedendo così di considerare la giurisprudenza e la dottrina in tema per comprenderne la reale portata. Di seguito si cercherà di analizzare le principali caratteristiche di un aspetto del diritto di famiglia che, seppur raramente agli onori della cronaca, può rivestire una indubbia rilevanza, soprattutto nei procedimenti di separazione e di divorzio.
L’espressa dichiarazione. Ai sensi dell’art. 157, c.c., i coniugi possono far cessare di comune accordo gli effetti della separazione con una “espressa dichiarazione”, facendo intendere che possa essere resa oralmente o per scritto, a mezzo di atto pubblico o di scrittura privata, di atto ricevuto da un notaio o da un cancelliere[1].
Un più recente orientamento giurisprudenziale ha invece concluso che la dichiarazione debba sottostare a “...esigenze di certezza riconducibili non solo all’interesse delle parti, ma anche agli innegabili riflessi pubblicistici riconosciuti dall’ordinamento all’istituto familiare”[2]. Dunque pur non sorretta da formule sacramentali, detta dichiarazione deve possedere requisiti formali atti a renderla in equivoca e verificabile in qualunque momento.
Una pubblicità che può ritenersi idonea a raggiungere lo scopo è senz’altro la sua iscrizione e conservazione tra gli atti dello stato civile, ai sensi dell’art. 63, lett. g) (e 69, lett. f)), D.P.R. 03/11/00, n. 396, secondo cui debbono essere iscritte “le dichiarazioni con le quali i coniugi separati manifestano la loro riconciliazione, ai sensi dell’art. 157, c.c.”.
Parte della giurisprudenza (piuttosto datata, in verità) sosteneva inoltre che una manifestazione scritta sarebbe sufficiente per ravvisarsi una riconciliazione[3], sul presupposto che la “espressa dichiarazione” avrebbe una efficacia autonoma rispetto al comportamento delle parti[4].
Non mancano tuttavia opinioni difformi che hanno ritenuto la riconciliazione, più che un accordo, un fatto giuridico, in quanto in tal modo più coerente con l’intero sistema del diritto familiare[5]. La dichiarazione espressa non potrebbe conseguentemente andare disgiunta dalla compresenza di concreti elementi fattuali atti a testimoniare la sua valenza reale e non meramente astratta[6], salvo casi di forza maggiore in cui l’effettiva ripresa della convivenza non si sia verificata per motivi non addebitabili alla volontà dei coniugi[7].
La stretta connessione tra la dichiarazione espressa e la reale ricostruzione della convivenza coniugale è stata evidenziata anche dalla più recente giurisprudenza. Si veda, a titolo di esempio, quanto concluso dal Tribunale di Monza, che ha ritenuto non sussistenti i requisiti (formali e sostanziali) della riconciliazione in una dichiarazione espressa che il marito aveva effettuato al fine di manifestare, in modo inequivocabile, la propria volontà di riprendere la vita coniugale e nella contestuale accettazione della moglie, quando non suffragata da una successiva ripresa della convivenza[8].
Sembra pertanto che la riconciliazione “negoziale” di cui all’art. 157, c.c., non solo richieda un formalismo accertabile ed ufficiale (iscrizione tra gli atti dello stato civile), ma anche una effettiva ripresa della convivenza coniugale, elemento sostanziale complementare alla mera dichiarazione di porre fine – temporaneamente o definitivamente – alla crisi familiare.
Il comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione. Nel nostro ordinamento, dove la separazione dei coniugi dovrebbe costituire (seppure astrattamente…) un allentamento del vincolo coniugale, e non una fase preparativa del successivo scioglimento del matrimonio, si ammette che la riconciliazione possa anche manifestarsi con un comportamento dei coniugi (obiettivamente) incompatibile con gli effetti della separazione[9].
E’ un dato di fatto che l’ipotesi di riconciliazione più frequente si verifica con l’effettivo ripristino della vita coniugale mediante la ripresa dei rapporti materiali e spirituali che caratterizzano il consorzio familiare. Ciò si verifica quando sia stato ricostruito l’intero complesso dei rapporti che caratterizzano il vincolo coniugale, e quindi sia intervenuto il ripristino non solo di quelli che concernono l’aspetto materiale del matrimonio, ma anche di quelli che sono alla base della intesa spirituale dei coniugi[10].
L’accertamento della intervenuta riconciliazione dovrà ancorarsi ad elementi esteriori oggettivi diretti a dimostrare la seria e comune volontà di ripristinare la comunione di vita, a prescindere da irrilevanti riserve mentali[11]: l'elemento oggettivo, da cui è possibile desumere la ricostituzione del nucleo familiare, prevale sul mero elemento psicologico[12].
Consegue che non costituisce riconciliazione la ripresa della convivenza, in via sperimentale e per un breve periodo, senza una chiara ed effettiva volontà di ripristinare la vita coniugale[13]. La stessa convivenza, anche se non soltanto sperimentale, pur possedendo un innegabile valore presuntivo[14], se non è accompagnata da concreti atteggiamenti concludenti (come, ad esempio, la redazione di un testamento olografo a favore dei figli, unito alla revoca delle disposizioni testamentarie a favore della precedente convivente[15]), non è sufficiente a concretare l'ipotesi di una riconciliazione[16].
Non interrompono la separazione le manifestazioni di buona volontà da parte di un coniuge con doni, elargizioni di denaro ed esecuzione di opere nella casa coniugale[17], né il fatto che il marito, pur vivendo in un’altra città e con un’altra donna, torni in famiglia per i fine settimana provvedendo, in tali occasioni, con la moglie, al menàge domestico ed all’educazione dei figli[18].
Non ha ugualmente effetto riconciliativo la riunione dei coniugi durante i fine settimana ed in occasione delle vacanze[19], così come che la convivenza – seppur connotata dei caratteri materiali e spirituali caratteristici del matrimonio – per un breve periodo di tempo in conseguenza dello stato di detenzione domiciliare di uno dei coniugi[20]. Allo stesso modo, l’assistenza prestata attraverso visite giornaliere al coniuge separato bisognoso di cure non comporta la ricostituzione della comunione spirituale e materiale tra i coniugi, intesa – per l’aspetto spirituale – come animus di riservare al coniuge la posizione di esclusivo compagno di vita e di adempiere ai doveri coniugali[21].
Non rappresenta ripristino della vita coniugale nemmeno una sporadica ripresa dei rapporti sessuali[22], anche con conseguente nascita di un figlio[23], né la convivenza dei coniugi nella stessa casa, di proprietà del marito, in camere da letto diverse, e la corresponsione da parte di quest'ultimo alla moglie di somme di denaro, dopo la sentenza di separazione, trattandosi di circostanze che non dimostrano di per sé il ripristino del consortium vitae[24].
Il Tribunale di Napoli ha ravvisato il ripristino del consorzio familiare qualora si verifichino – congiuntamente - la convivenza coniugale con l'uso dei servizi che essa offre nella sua quotidianità, i rapporti sessuali, i ricevimenti di amici comuni nella propria abitazione, le visite agli amici comuni, il soggiorno in località di vacanza, le preoccupazioni e le attenzioni per la salute dell'altro coniuge[25]. Di analogo tenore le conclusioni del Tribunale di Monza[26], che ha ritenuto ravvisabile la riconciliazione nelle vacanze trascorse dai coniugi unitamente al loro cane, nell'acquisto comune di una lavatrice, nelle telefonate che dall'utenza fissa casalinga effettuate sul cellulare della moglie, nell'aver sottoscritto un coniuge, in qualità di testimone, il verbale di consegna della salma del suocero.
La circostanza che il marito, al momento della ripresa della convivenza, avesse in corso delle relazioni extraconiugali, delle quali non risulti che la moglie avesse conoscenza, non impedisce di ritenere intervenuta la riconciliazione quando questa sia desumibile da un accenno di elementi univocamente significativi dell'intervenuta restaurazione del rapporto coniugale[27]. Può sussistere riconciliazione anche qualora il coniuge abbia riallacciato dei rapporti con la propria amante, qualora non via sia prova che la moglie sia a conoscenza di tale relazione, né è significativo il fatto che i coniugi vivano in camere separate, non avendo da tempo rapporti di natura sessuale, anche in considerazione dell'età[28].
Da ultimo, è stata ritenuta raggiunta la prova dell'intervenuta riconciliazione all'intento dei coniugi di creare, per un apprezzabile periodo di tempo, una situazione meramente apparente onde celare la separazione ai genitori della moglie e l'esistenza di una relazione extraconiugale che il marito intratteneva con un'altra donna[29].
Gli effetti della avvenuta riconciliazione. La principale conseguenza della riconciliazione attiene, ovviamente, all’abbandono della domanda di separazione, qualora sia stata già proposta (potrà darsene atto nel verbale di udienza), ma non implica (più) la estinzione del diritto di richiederla[30], lasciando pertanto liberi i coniugi di far valere, anche successivamente alla riconciliazione, fatti e atti anteriori alla stessa[31].
Qualora sia già stata pronunciata sentenza di separazione giudiziale, o omologata quella consensuale[32], vengono a cessarne gli effetti: in tal caso, la separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.
Più complesso è stato l’iter che ha portato alla applicazione dell’istituto della riconciliazione quando questa si verifichi prima della proposizione della domanda di separazione. E’ tuttavia ormai pacifico in dottrina ed in giurisprudenza che le norme relative alla riconciliazione spiegano efficacia non soltanto nel giudizio in corso o nell'ipotesi in cui intervenga dopo la separazione, ma ha anche effetti sostanziali ove sia anteriore alla proposizione della domanda giudiziale[33].
Secondo una prima interpretazione, la riconciliazione in regime di separazione di fatto comporterebbe il “...perdono delle colpe precedenti”[34]. Una lettura parzialmente differente, ma che porta in sostanza al medesimo risultato, vuole che la riconciliazione nella separazione di fatto, più che sintomo di perdono delle colpe coniugali, rappresenti il “...superamento in modo globale e radicale delle cause di conflitto, con la contestuale determinazione di riprendere la convivenza e la rinuncia definitiva a far valere i comportamenti e le colpe precedenti”[35].
Ciò detto, e di conseguenza, i fatti ad essa anteriori saranno inidonei a giustificare una successiva pronuncia di separazione, anche se potranno essere presi in considerazione per “...illuminare la condotta successiva cui si ricollegano per integrare la prova dell’ulteriore violazione dei doveri coniugali”[36].
La riconciliazione comporta poi il ripristino dei doveri coniugali, sia di natura personale (art. 143, comma II, c.c.), tra cui la presunzione di concepimento in costanza di matrimonio[37], che patrimoniali (art. 143, comma III, c.c.).
Rivive, seppure ex nunc[38], la comunione legale dei beni, senza necessità di una specifica convenzione matrimoniale[39] (seppure non manchino voci che escludano la automatica ricostituzione della comunione legale[40]): ciò è direttamente desumibile dall’art. 157, c.c., che si esprime in termini di cessazione degli effetti della separazione, senza distinzione tra effetti patrimoniali e personali, in funzione della preminenza riconosciuta dalla legge al regime di comunione, il quale, come regime patrimoniale ordinario, ritorna in vita non appena sia cessata l’eventuale causa (non negoziale) di scioglimento, salvi gli atto posti in essere medio tempore, ossia durante la separazione, che restano personali[41].
Con riferimento ai terzi, ed alla necessità della loro tutela, specie qualora la riconciliazione si sia verificata de facto, sarà centrale il profilo della pubblicità della riconciliazione stessa.
In difetto di una adeguata segnalazione esterna della riconciliazione, in ossequio alle norme generali che governano la pubblicità delle vicende giuridiche a tutela dei terzi (ad esempio secondo il meccanismo predisposto dagli artt. 63 e 69, D.P.R.. 396/00), non potrà essere opposto a terzi il rinnovato regime di comunione legale qualora il terzo abbia acquistato, in buona fede e a titolo oneroso, dal coniuge che risultava unico ed esclusivo titolare dell’immobile alienato, per averlo egli, a sua volta, acquistato in regime di separazione dei beni[42].
Non si può dubitare che il terzo non potrà giovarsi della mancata pubblicità della riconciliazione – e della reviviscenza della comunione legale – qualora sappia di acquistare un bene comune da uno dei coniugi, ovvero sia in mala fede perché consapevole che il bene non appartiene in via esclusiva al suo dante causa[43].
Tra i profili patrimoniali conseguenti alla riconciliazione non devono dimenticarsi quello che si ripercuotono su una eventuale, successiva separazione. Si pensi al caso in cui, in una precedente separazione cui abbia fatto seguito la riconciliazione, un coniuge abbia ricevuto una somma una tantum per il soddisfacimento dei suoi diritti: il giudice della (successiva) separazione, dovendo decidere su una richiesta di assegno di mantenimento, dovrà esaminare di nuovo il punto, “...tenendo conto della effettiva consistenza delle situazioni economico-patrimoniali del coniugi e – quindi – anche delle disponibilità esistenti che siano state acquisite per effetto della precedente separazione”[44].
Inoltre, può accadere che nella precedente separazione consensuale omologata i coniugi convenissero l’attribuzione di un bene a titolo di mantenimento al coniuge più debole, un atto di disposizione patrimoniale che, a seguito della riconciliazione e della cessazione degli effetti della separazione, sarà assoggettabile a revocatoria ordinaria, ex art. 2901, c.c.[45].
Aspetti processuali. Secondo una corrente interpretativa minoritaria, nel procedimento di divorzio per separazione consensuale o giudiziale (che, in pratica, rappresentano la maggior parte dei casi in cui deve accertarsi una eventuale riconciliazione interruttiva dei tre anni di separazione necessari per lo scioglimento del matrimonio ex art. 3, comma II, lett. b), L. 898/1970) il giudice avrebbe il potere-dovere di rilevare d'ufficio l'avvenuta riconciliazione dei coniugi e, quindi, di respingere la domanda per l'insussistenza del titolo posto a suo fondamento[46].
Tale orientamento, in realtà, è contrario al dettato della legge 898/1970, che prevede espressamente come l’eventuale interruzione della separazione deve “...essere eccepita da parte convenuta”[47]: trattasi di eccezione avente ad oggetto l’esistenza di un fatto modificativo o estintivo che solo il convenuto ha diritto di far valere, senza alcuna possibilità che l’eventuale interruzione della separazione possa essere rilevata di ufficio dal giudice o eccepita dal P.M.[48], anche se risultasse ex actis[49], nell’interesse della famiglia. Della stessa opinione è anche la giurisprudenza maggioritaria[50] e la prevalente dottrina[51].
Consegue ovviamente a tale soluzione che spetterà al convenuto provare la cessazione o l’interruzione dello stato di separazione[52], mentre l’attore non si deve fare carico della prova negativa dell’assenza di eventuali interruzioni, essendo sufficiente a quest’ultimo produrre il provvedimento dell’autorità giudiziaria (sentenza o decreto di omologazione della separazione)[53].
D’altronde, non può pretendersi dall’attore una ulteriore dimostrazione della costanza dello stato di separazione giacché, una volta provato il dato iniziale e quello attuale, si deve presumere la conformità del periodo intermedio, (anche) per l’esistenza nel nostro ordinamento di un principio generale secondo il quale, quando la legge fa scaturire conseguenze giuridiche dal perdurare per un certo tempo di una determinata situazione di fatto, purché provata nel suo dato iniziale ed in quello attuale, si presume sussistente anche nel periodo intermedio, salva naturalmente la dimostrazione del fatto impeditivi dell’eventuale interruzione (cfr., ad esempio, l’art. 1142, c.c., in tema di possesso)[54].
L’accertamento del ripristino del consorzio familiare – e quindi, di riflesso, degli elementi sintomatici dell’avvenuta riconciliazione - implicando una indagine di fatto, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, e non è pertanto censurabile in Cassazione in mancanza di vizi logici e/o giuridici[55].
E’ stato da ultimo sostenuto che la riconciliazione può essere accertata anche attraverso un autonomo giudizio di cognizione, anche al fine di ottenere un provvedimento d'urgenza che ordini all'altro coniuge di far rientrare il ricorrente nella casa coniugale[56].
Bibliografia:
[1] Di questo avviso Figone, nota a Corte di Appello di Trento, 02/09/96, in Fam. e Dir., 1996, 550.
[2] Tribunale di Monza, 01/04/04, in Foro It., 2004, I, 2272. Conforme, Cass. Civ., 17/06/98, n. 6031, in Foro It. Rep., voce Matrimonio, n. 121.
[3] Così Corte di Appello di Torino, 21/03/51, in Foro It., 1951, I, 772, con nota di Garrone, secondo il quale è concepibile che “…due coniugi concordemente diano un colpo di spugna sul passato, sui contrasti reciproci o sulla colpa dell’uno verso l’altro, tuttavia continuando, di comune intesa, a vivere separati di fatto”.
[4] Ciò peraltro dispone testualmente l’art. 157, comma I, c.c. (“…con un'espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione”).
[5] Così Figone, op. cit., 551; Santuosso, Il matrimonio, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, a cura di Bigiavi, Torino, 1987, 390 e ss.; Dogliotti, Codice della famiglia, I, Milano, 1996, 271 e ss.; Cicu, Il diritto di famiglia, Bologna, 1978, 225; A. e M. Finocchiaro, Diritto di famiglia, Milano, 1984, 683; Zatti e Mantovani, La separazione personale dei coniugi, Padova, 1983, 290; M. Finocchiaro, A proposito della riconciliazione espressa dei coniugi legalmente separati, in Giust. Civ., 1979, I, 1193.
[6] Tribunale di Monza, 23/03/04, in Gius, 2004, 3201. La tendenza giurisprudenziale era stata inaugurata da Cass. Civ., 06/10/52, n. 2935, in Mass. Giur. It., 1952 (conformi, Cass. Civ., 04/04/57, n. 1152, e Cass. Civ., 30/04/54, n. 1359).
[7] Ad esempio, nel caso di detenzione, ricovero o emigrazione.
[8] Tribunale di Monza, 01/04/04, op. cit.; Tribunale di Monza, 23/03/04, op. cit..
[9] Così Corte di Appello di Trento, 02/11/96, op. cit..
[10] Così De Candia, L’interruzione della separazione ai fini della pronuncia di divorzio, in Giur. It., 2000, 2035. Nello stesso senso, ex plurimis, Carbone, La convivenza sperimentale di coniugi già separati consensualmente non comporta riconciliazione, in Fam. e Dir., 2006, 25; De Candia, op. cit., 2037; Rossi Carleo, in Trattato di diritto privato, diretto da Bessone, IV, Il diritto di famiglia, 1, Torino, 1999, 344; Pantaleoni, in Della Valle, Ongaro, Filippis, Casaburi, Separazione e divorzio, Padova, 1998, 523; D’Ettore, in Il diritto di famiglia, Trattato, diretto da Bonilini e Cattaneo, Torino, 1997, 193 e ss.; Scardulla, La separazione personale dei coniugi ed il divorzio, Milano, 1996, 501; Basile, in Commentario al diritto italiano della famiglia, diretto da Cian, Oppo, Trabucchi, VI, 1, Padova, 1993, 174; Finocchiaro, in A. e M. Finocchiaro, Diritto di famiglia, III, Il divorzio, Milano 1988, 143 e ss.; Runfola Testini, Osservazioni sugli effetti della riconciliazione, in Giur. It., 1981, I, 1, 997; Azzolina, La separazione personale dei coniugi, Torino, 1966, 277; Aguzzoli, La riconciliazione dei coniugi e funzione della convivenza nel rapporto matrimoniale, in Foro Pad., I, 697; Ondei, Osservazioni sul concetto di riconciliazione fra coniugi, in Foro Pad., 1951, I, 243; Falzea, La separazione personale, Milano, 1943, 200.
In giurisprudenza, cfr. Cass. Civ., 29/11/90, n. 11523, in Giur. It., I, 1, 1022. Conformi, Cass. Civ., Sez. I, 13/05/99, n. 4748, in Fam. e Dir., 1999, 5, 497; Cass. Civ., Sez. I, 15/03/01, n. 3744, in Mass. Giur. It., 2001; Cass. Civ., 21/03/00, n. 3323, in Giust. Civ., 2000. I, 1324; Cass. Civ., Sez. I, 28/02/00, n. 2217, in Mass. Giur. It., 2000; Cass. Civ., 04/02/00, n. 1277, in Giur. It., 2000, 2035; Cass. Civ., 17/06/98, n. 6031, op. cit.; Cass. Civ., 09/05/97, n. 4056, in Gius, 1997, III, 1822; Cass. Civ., 26/11/96, n. 10465, in Giust. Civ., 1997, I, 3140; Cass. Civ., 30/03/87, n. 3053, in Mass. Giust. Civ., 1987, 879; Cass. Civ., 09/01/87, n. 72, in Giur. It., 1987, I, 1, 1773, con nota di Di Loreto; Cass. Civ., 11/11/83, n. 6860, in Dir. Famiglia, 1984, 62; Cass. Civ., 09/08/83, n. 5324, in Giur. It., 1985, I, 1, 112, con nota di Orsi; Cass. Civ., 09/06/83, n. 3946, in Mass. Giur. It., 1983, 1043; Cass. Civ., 24/03/83, n. 2058, in Rep. Giur. It., 1983, voce Separazione dei coniugi, n. 100; Cass. Civ., 29/01/82, n. 574, in Giur. It., 1982, 467; Cass. Civ., 28/01/82, n. 559, in Giust. Civ., 1982, I, 907.
Anche la Cassazione Penale si mostra conforme: cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 26/06/92, n. 7442 (in CED Cassazione, 1992): “La riconciliazione consiste nella volontà di entrambi i coniugi di ripristinare in pieno non solo la loro convivenza materiale, ma anche quella unione spirituale che è alla base medesima della convivenza materiale, in modo che si debba considerare perdonata e posta nell'oblio ogni eventuale colpa attribuita reciprocamente dall'uno all'altro coniuge”.
[11] Cass. Civ., 29/11/90, n. 11523, op. cit..
[12] Corte di Appello di Perugia, 09/10/03, in Rass. Giur. Umbra, 2004, 55, nota di Bracco. Conforme sul tema della prevalenza dell’elemento oggettivo su quello soggettivo, Cass. civ., Sez. I, 17/06/98, n. 6031, op. cit..
Di differente avviso, ovvero sulla prevalenza dell’elemento soggettivo su quello oggettivo della riconciliazione, Barbiera, Separazione e divorzio: fattispecie, disciplina processuale, effetti apatrimoniali, Bologna, 1997, 4 e 22; Autorino Stanzione, Titolo della separazione e divorzio, in Rass. dir. civ., 1981, 1 e ss.; Orsi, Separazione di fatto e riconciliazione: rilevanza dei momenti spirituali della convivenza, in Giur. It., 1985, I, 1, 112.
[13] Così Cass. Civ., 06/10/05, n. 19497, in Fam. Dir., 2006, 22, ad esempio nel caso in cui la moglie abbia una relazione extra-coniugale che non si interrompe durante i mesi di nuova convivenza con il marito. Conforme, Cass. Civ., 07/07/04, n. 12427, in Gius, 2004, 4145.
[14] Così Cass. Civ., 09/01/87, n. 72, op. cit.; De Candia, op. cit., 2036.
[15] Corte di Appello di Perugia, 09/10/03, op. cit..
[16] Tribunale di Genova, 20/01/81, in Giur. di Merito, 1982, 66, nota di Branca; Cass. Pen., Sez. VI, 26/06/92, n. 7442, op. cit.; Cass. Civ., 09/08/83, n. 5324, op. cit.; Tribunale di Ravenna, 07/04/73, in Dir. Famiglia, 1974, 111, in cui si precisa che non può sussistere riconciliazione un simulacro di coabitazione, privo di ogni rapporto sessuale e di ogni dialogo di stima, di confidenza e di collaborazione, ma improntato a mero calcolo e necessità.
[17] Cass. Pen., Sez. VI, 25/03/92, in Cass. Pen., 1994, 1225; Cass. Pen., Sez. VI, 26/06/92, n. 7442, op. cit..
[18] Così Cass. Civ., 17/06/98, n. 6031, op. cit..
[19] Cass. Civ., 09/05/97, n. 4056, op. cit..
[20] Cass. Civ., 03/02/00, n. 1227, in Foro It. Rep., 2000, voce Matrimonio, n. 147.
[21] Cass. Civ., 26/11/93, n. 11722, in Arch. Civ., 1994, 289; Cass. Civ., 07/05/76, n. 1595, in Dir. Famiglia, 1976, 1129; Cass. Civ., 06/03/79, n. 1400, in Giur. It., 1981, I, 1, 994; Cass. Civ., 24/03/83, n. 2058, op. cit..
[22] Cass. Civ., 11/11/83, n. 6860, op. cit.; Cass. Civ. , 28/05/75, n. 2172, in Rep. Giur. It., 1975, voce Matrimonio, n. 113; Cass. Pen., Sez. VI, 25/03/92, op. cit.; Cass. Pen., Sez. VI, 26/06/92, n. 7442, op. cit..
In dottrina, tra gli altri, cfr. Vitali, Note in tema di riconciliazione fra coniugi, in Dir. Eccl., 1978, I, 367.
[23] Cass. civ., 06/03/79, n. 1400, op. cit.; Cass. Civ., 07/05/76, n. 1595, op. cit.; Tribunale di Bari, 15/02/72, in Dir. e Giust., 1972, 246; Corte di Appello di Caltanissetta, 15/02/74, in Rep. Foro It., 1974, voce Matrimonio, n. 224; Tribunale di Roma, 19/04/74, in Foro It., 1974, I, 3195; Tribunale di Roma, 11/10/72, in Rep. Foro It., 1973 voce, Matrimonio, nn. 156 e 157; Tribunale di Roma, 04/04/78, in Foro It., 1979, I, 235.
Contra, Tribunale di Civitavecchia, 17/01/90, in Giur. di Merito, 1991, I, 253, con nota di Carlini, che lo ritiene rivelatore della ripresa della convivenza.
[24] Cass. civ., Sez. I, 21/03/00, n. 3323, op. cit.. Per il Tribunale di Vercelli (09/05/01, in Arch. Civ., 2002, 842), la prova della riconciliazione dei coniugi, ovvero la coabitazione e la ripresa della c.d. “affectio maritalis”, non può essere data a mezzo di un certificato storico di residenza, dato il valore presuntivo di tali risultanze.
[25] Tribunale di Napoli, 19/03/91, in Foro It., 1993, I, 603.
[26] Tribunale di Monza, Sez. IV, 11/04/06, op. cit.
[27] Cass. Civ., Sez. I, 13/05/99, n. 4748, op. cit..
[28] Corte di Appello di Perugia, 09/10/03, op. cit..
[29] Cass. Civ., Sez. I, 15/03/01, n. 3744, op. cit.. In parte difforme Cass. Civ., 09/01/87, n. 72 (op. cit.), secondo la quale la riconciliazione non può discendere dalla ripresa della coabitazione per dissimulare temporaneamente la separazione ai figli minori.
[30] Così, ex multis, Tribunale di Napoli, 16/09/80 (in Rass. Dir. Civ., 1982, 231, con nota di Runfola Testini): “La riconciliazione tra coniugi, intervenuta dopo la presentazione del ricorso per la separazione, ma prima della pronuncia della sentenza, produce soltanto l'effetto processuale dell'abbandono della domanda e non, come avveniva sotto il vigore della precedente normativa, l'estinzione del diritto a chiedere la separazione”.
[31] Carbone, op. cit., 25.
[32] Così Cass. Civ., 12/11/98, n. 11418, in Nuova Giur. Civ. Comm.., 1999, I, 637; Cass. Civ., 23/11/82, n. 6330, in Foro It. Rep., 1982, voce Separazione dei coniugi, n. 109. Conforme, relativamente alla separazione consensuale, si veda Tribunale di Milano (Sez. IX, 10/11/03, in Guida al Diritto, 2004, 10, 88): “La riconciliazione compiuta dai coniugi successivamente alla loro separazione personale consensuale omologata, oltre a far cessare gli effetti personali della separazione, comporta la ricostituzione ipso iure della comunione legale già disciolta al momento della separazione stessa”. Stesse conclusioni per Tribunale di Brindisi, 01/02/99, in Corti Bari, Lecce e Potenza, 2000, I, 416.
[33] Così, ad esempio, Cass. civ., Sez. I, 25/05/78, n. 2618 (in Mass. Giur. It., 1978): “Anche dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975, le norme relative alla riconciliazione dei coniugi (artt. 154 e 157 c.c.) vanno interpretate nel senso che la riconciliazione non spiega effetti soltanto nel giudizio in corso o nell'ipotesi in cui intervenga nel periodo tra una prima sentenza di separazione ed una successiva nuova domanda di separazione (art. 157, comma II, c.c.), ma ha anche effetti sostanziali nel caso che essa sia anteriore alla proposizione della domanda giudiziale”. Conforme, Cass. Civ., 29/11/90, n. 11523, op. cit.. Contra, Runfola Testini, op. cit., 999.
[34] Cass. Civ., 24/03/83, n. 2058, op. cit.; Cass. Civ., 06/12/74, n. 4044, in Rep. Giur. It., 1974, voce Separazione, n. 59 (secondo la quale i coniugi devono considerare perdonata e posta nell’oblio ogni eventuale colpa attribuita reciprocamente); Cass. Civ., 31/03/72, n. 1021, in Rep. Giur. It., 1972, voce Separazione, n. 49.
[35] Cass. Civ., 29/11/90, n. 11523, op. cit..
[36] Così Cass. Civ., 06/03/79, n. 1400, op. cit.; Cass. Civ., 29/11/90, n. 11523, op. cit.; Cass. Civ., 22/05/90, n. 4620, in Rep. Foro It., 1990, voce Separazione dei coniugi, n. 40; Cass. civ., Sez. I, 25/05/78, n. 2618, op. cit.; Cass. Civ., 12/04/78, n. 1723, in Giur. it. Rep., 1978, voce Separazione dei coniugi, n. 91; Cass. Civ., 20/01/78, n. 256, in Giur. it. Rep., 1978, voce Separazione dei coniugi, n. 49; Cass. civ., Sez. I, 15/07/65, n. 1552, in CED Cassazione, 2004; C. Cost., 21/04/83, n. 104, in Giust. Civ., 1983, 471.
In dottrina, in senso conforme, cfr. Briguglio, Separazione personale dei coniugi, in Noviss. Dig. It., XVII, Torino, 1987, 26; Lipari, Riconciliazione dei coniugi, separazione con e senza addebito e garanzia costituzionale, nota a C. Cost., 21/04/83, n. 104, op. cit..
Contra, Tribunale di Firenze, 20/05/76, in Giust. Civ., 1976, III, 338, che in una ipotesi di domanda di separazione con addebito, alla base della quale erano stati addotti comportamenti anteriori alla riconciliazione avvenuta prima della domanda di separazione, ha affermato che anche fatti lontanissimi nel tempo, seguiti da un lungo periodo di riconciliazione, possono essere posti alla base della domanda di separazione, salvo il potere del giudice di valutarne la gravità alla luce dell’intervenuta riconciliazione.
[37] Tribunale di Napoli, 19/03/91, op. cit..
[38] Cass. Civ., 05/12/03, n. 18619, in Fam. Dir., 2004, 253; Cass. civ., Sez. I, 12/11/98, n. 11418, op. cit; Corte di Appello di Trento, 02/11/96, op. cit., secondo la quale “...imporre la stipula di una convenzione per ripristinare il regime giuridico della comunione esistente tra i coniugi prima della separazione, finirebbe per costituire in qualche modo un ostacolo alla riconciliazione piena, facendo perdurare quegli effetti che invece le parti con il loro comportamento spontaneo (ed auspicato dalla legge) avevano ritenuto di dover disattendere”.
Conformi, Figone, op. cit., 552; Schlesinger, Regime patrimoniale della famiglia, in Commentario della riforma del diritto di famiglia, a cura di Carraio, Oppo e Trabucchi, I, 1, Padova, 1977, 441; De Paola - Macrì, Il nuovo regime patrimoniale della famiglia, Milano, 1978, 201; Corsi, Il regime patrimoniale della famiglia, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, 1979, VI, I, 1, 179; Tamburello, Riconciliazione dei coniugi e regime patrimoniale della famiglia, in Dir. Famiglia, 1981, 580; Mirabelli, La comunione legale. Costituzione e ricostituzione della comunione, in Questioni di diritto patrimoniale della famiglia discusse da vari giuristi e dedicate ad A. Trabucchi, Padova, 1989, 169; Auletta, Il diritto di famiglia, Torino, 1995, III, 178; Cian – Villani, Comunione dei beni tra coniugi, voce del Novissimo Digesto, appendice, Torino, 1980, II, 80.
[39] La soluzione prospettata è comune a tutte le cause reversibili di scioglimento della comunione previste dall’art. 191, c.c., come la dichiarazione di assenza e di morte presunta di uno dei coniugi o di fallimento. Cfr. Nicolussi, Riconciliazione e comunione dei beni, in Foro It., 1999, 1958; Schelsinger, op. cit., 441; Barbiera, Persone e famiglia, in Trattato di diritto privato, Torino, 1982, II, 497, nota 17.
[40] Così Tribunale di Palermo, 29/03/97, in Dir. Famiglia, 1998, 985; Tribunale di Catania, 31/07/90, in Foro It. Rep., 1992, voce Famiglia, n. 58. In parte difforme Tribunale di Bologna, 28/01/98 (in Dir. Famiglia, 1998, 1047, con nota di Conte), secondo il quale la riconciliazione spiega i suoi effetti interni, tra i coniugi, ma non anche esterni verso i terzi.
[41] Cass. Civ., 23/02/93, n. 2221, in Giur. It., 1993, I, 2, 2084. In dottrina, Bessone, Giurisprudenza del Diritto di Famiglia, I, 397, Giuffrè 2007; Figone, op. cit., 552; Nicolussi, op. cit., 1956.
[42] Così Cass. Civ., 05/12/03, n. 18619, op. cit.; conforme, Tribunale di Napoli, 21/12/98, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2000, I, 359.
[43] Nicolussi, op. cit., 1961/2.
[44] Così Cass. Civ., 13/05/99, n. 4748, op. cit..
[45] Tribunale di Roma, 05/03/99, in Nuovo Dir., 1999, 827, con nota di Sagna. In dottrina, cfr. Carbone, op. cit., 27.
[46] Così Tribunale di Trani, 26/01/94, in Foro It., 1994, I, 880; Tribunale di Civitavecchia, 17/01/90, op. cit.. In dottrina, cfr. Cipriani, Sull’eccezione di interruzione della separazione nel processo di divorzio, in Foro It., 1987, V, 331; Barbiera, Il divorzio dopo la seconda riforma, Bologna, 1988, 57.
[47] L. 898/70, art. 3, comma II, lett. b).
[48] Sostiene invece il potere di eccezione del pubblico ministero De Candia (op. cit., 2038), sulla base del fatto che la obbligatorietà della sua presenza nel procedimento di divorzio trova fondamento nel ruolo di “tutore” (di interessi pubblicistici) che riveste nel giudizio.
[49] Così A. e M. Finocchiaro, op. cit., 113.
[50] Cass. Civ., 03/02/00, n. 1227, op. cit.; Cass. Civ., 17/06/98, n. 6031, op. cit.; Cass. Civ., 09/05/97, n. 4056, op. cit.; Corte di Appello di Napoli, 10/04/86, in Giust. Civ., 1986, I, 2542; Tribunale di Pesaro, 19/06/71, in Giur. It., 1971, I, 2, 188; Tribunale di Arezzo, 20/04/71, in Temi, 1971, 307; Tribunale di Brescia, 15/06/72, in Nuovo Dir., 1972, 842; Corte di Appello di Roma, 09/02/73, in Temi romana, 1974, 266. La giurisprudenza più antica è rinvenibile in A. e M. Finocchiaro, in Ruperto, Giurisprudenza sul c.c., I, III, Milano 2005, 1479 e ss..
[51] Cfr. Carbone, op. cit., 322; Dogliotti, Separazione e divorzio, II ed., Torino, 1995, 151; Bonilini, in Bonilini Tommaseo, Lo scioglimento del matrimonio, in Comm. Schlesinger, Milano, 1997, 194.
[52] Così Cass. Civ., 24/11/74, n. 3802, in Dir. Famiglia, 1975, 121; Corte di Appello di Napoli, 10/04/86, op. cit.; Tribunale di Pesaro, 19/06/71, op. cit.. Nello stesso senso, cfr. Franceschelli, in Commentario alla riforma del divorzio, Milano, 1987, 54; Autorino Stanzione, Diritto di famiglia, Torino, 1997, 165; Carbone, op. cit., 321.
[53] Così Carbone, op. cit., 322; De Candia, op. cit., 2037.
[54] De Candia, op. cit., 2037.
[55] Così Casaburi, nota a Tribunale di Monza, op. cit., 2274. Conformi, ex multis, Cass. civ., Sez. I, 15/03/01, n. 3744, op. cit.; Cass. Civ., Sez. I, 13/05/99, n. 4748, op. cit.; Cass. Civ., 26/11/96, n. 10465, op. cit..
[56] Tribunale di Napoli, 07/01/02, in Gius, 2002, 1527.