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I contratti di concessione pubblicitaria
Queste pagine sono capitolo della monografia Pubblicità commerciale.Tecnica,modelli,tipi contrattuali (Giappichelli editore,Torino 2002,pp. 284 ) che costituisce quindicesimo volume del Trattato di diritto privato diretto da Mario Bessone.

SOMMARIO: 1. Mezzi e concessionari. - 2. Il contratto di concessione. - 3. La raccolta e la gestione degli ordini di pubblicità. - 4. La quota del concedente. I minimi garantiti e le anticipazioni. - 5. L'esclusiva. - 6. L'esecuzione della pubblicità da parte del concedente. - 7. Il mantenimento qualitativo del mezzo. - 8. Durata e cessazione del contratto. - 9. Natura giuridica.

1. Mezzi e concessionari

Nella pratica, si definisce "di concessione pubblicitaria" il contratto con il quale un'impresa di mezzi (concedente) affida in concessione ad un'impresa specializzata (concessionario), l'acquisizione e la gestione della pubblicità da diffondere attraverso il veicolo del concedente.
Il ricorso a questo strumento negoziale trova la sua principale ragion d'essere nella già ricordata circostanza che la pubblicità non rappresenta di regola il principale oggetto dell'attività istituzionale delle imprese di mezzi, ma solo una forma marginale di sfruttamento di certe loro opportunità aziendali. E poiché, a motivo di ciò, tali imprese di mezzi dispongono raramente di strutture per la raccolta e l'amministrazione di ordini di pubblicità, ne deriva l'opportunità di avvalersi a tal fine di organizzazioni specializzate, in grado di gestire il servizio al meglio.
Oggigiorno, praticamente tutte le imprese di mezzi operanti in Italia si avvalgono di concessionari di pubblicità, dovendosi unicamente distinguere fra quelle che si affidano a concessionari terzi ad esse non collegati (come accade per la maggioranza delle imprese editoriali e radiotelevisive, nonché degli enti pubblici in particolare per la pubblicità esterna), e quelle che invece utilizzano imprese concessionarie da esse stesse controllate, come avviene per alcuni grandi editori, per la concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico e per il principale gruppo televisivo privato. Fanno eccezione alla regola alcuni grandi Comuni, che gestiscono l'acquisizione della pubblicità in forma diretta.
Tale essendo il quadro in cui la figura del concessionario di pubblicità si colloca, è evidente che il sistema ben potrebbe dar luogo al fenomeno che si è soliti indicare con il termine "concentrazione", per riferirsi soprattutto alla situazione di quelle grandi imprese concessionarie che, operando per più mezzi, potrebbero essere in grado di condizionare il mercato, con effetto distorsivo sugli investimenti pubblicitari ed implicazioni negative sia sull'accesso ai mezzi di comunicazione sia sull'indipendenza degli organi d'informazione, la cui stessa esistenza spesso dipende dal gettito pubblicitario che i loro veicoli sono in grado di conseguire.
Ad evitare, attraverso la concentrazione di mezzi pubblicitari, simili distorsioni, speciali normative pubblicistiche hanno fissato alcune limitazioni alle imprese concessionarie dei settori editoriale e radiotelevisivo.
Per l'editoria, la l. 5 agosto 1981, n. 416 (modificata dalla l. 30 aprile 1983, n. 137 e dalla l. 10 gennaio 1985, n. 1) impone, all'art. 11, l'iscrizione al registro nazionale della stampa delle imprese concessionarie di pubblicità per qualsiasi quotidiano o per quei periodici di cui sia parimenti obbligatoria l'iscrizione al registro e, all'art. 12, il deposito dei loro bilanci annuali con l'indicazione analitica delle risultanze contabili afferenti alla pubblicità eseguita su tali mezzi, nonché la pubblicazione dei bilanci stessi su tutte le testate in concessione. Lo stesso art. 12 vieta alle concessionarie l'esercizio in esclusiva per un numero di quotidiani la cui tiratura complessiva superi il 30 per cento di quella nazionale. La percentuale si riduce al 20 per cento della tiratura globale dell'anno precedente ove la concessionaria controlli o sia controllata, direttamente o indirettamente, da un'impresa editrice, vietandosi in ogni caso l'aggiramento di tali limiti attraverso operazioni di collegamento o controllo fra concessionarie, e facendosi obbligo, onde consentire gli opportuni accertamenti, di comunicare al Garante dell'editoria i dati relativi alla proprietà e gestione delle aziende stesse .
Per le concessionarie di pubblicità radiotelevisiva, disposizioni ispirate alle stesse esigenze sono contenute agli artt. 12 e 15, 6° e 7° comma, l. 6 agosto 1990, n. 223. L'art. 12 assoggetta queste imprese all'obbligo dell'iscrizione nel registro nazionale delle imprese radiotelevisive (alla domanda l'art. 13 del regolamento di attuazione, d.p.r. 27 marzo 1992, n. 255, dispone venga allegato l'elenco delle emittenti servite e dei contratti in corso), mentre l'art. 15, 6° comma, impone la presentazione dei bilanci annuali corredati di tutti i dati sui contratti stipulati, le clausole di esclusiva, i minimi garantiti, i pagamenti eseguiti. Lo stesso art. 15, al 7° comma, limita a tre il numero delle reti nazionali per le quali la pubblicità può essere raccolta ove la concessionaria sia collegata o controllata da un'impresa esercente la radiodiffusione; ovvero a due reti nazionali e tre locali, o ancora a una rete nazionale e sei locali, con la sola eccezione della concessionaria dell'emittente pubblica, alla quale si consente di raccogliere la pubblicità, oltre che per le tre reti televisive, anche per le tre reti radiofoniche pubbliche. La stessa norma vieta altresì ai concessionari di acquisire pubblicità per mezzi diversi da quelli radiofonici o televisivi in misura superiore al 2 per cento degli investimenti pubblicitari complessivi dell'anno precedente. Gli artt. 12 e 15, l. n. 223/90 comminano la nullità dei contratti di concessione pubblicitaria quando una delle parti contraenti non sia iscritta nel registro nazionale ovvero se siano stipulati in difformità delle disposizioni contro le concentrazioni.
La vigilanza e l'applicazione delle disposizioni di cui sopra è affidata al Garante per la radiodiffusione e l'editoria, al quale è attribuito il potere di irrogare, in caso di inosservanza, determinate sanzioni amministrative ovvero di proporne l'applicazione al Ministro delle poste e telecomunicazioni. Il Garante esercita altresì avanti il giudice competente l'azione di nullità degli atti e dei contratti posti in essere in violazione dei ricordati divieti.
Per completezza, si rammenta che una speciale disciplina pubblicistica è contenuta nel d.lgs. 23 ottobre 1993, n. 421 per le imprese concessionarie del servizio comunale di pubbliche affissioni. La normativa ha tuttavia una giustificazione prevalentemente fiscale-amministrativa.

2. Il contratto di concessione

Né la legge né le raccolte di usi accertati menzionano il contratto di concessione pubblicitaria. Ma lo schema di tale figura negoziale è ormai consolidato da una prassi sostanzialmente costante, seguita da molti decenni dagli operatori del settore, in base a cui, a fronte del conferimento della concessione da parte dell'impresa di mezzi, il concessionario si impegna a procedere, in nome proprio, con propria organizzazione e a proprie spese, alla ricerca e raccolta degli ordini per la pubblicità da inserire sul veicolo, alla conclusione, sempre in proprio, dei relativi contratti di diffusione con gli utenti, nonché alla fatturazione, esazione ed incasso dei corrispettivi. È altresì prassi costante che i ricavi che il concessionario realizzerà dall'esecuzione dei contratti acquisiti venga suddiviso fra lui stesso e il proprietario del mezzo: la parte di competenza di quest'ultimo a titolo di corrispettivo della concessione, quella riservata al concessionario quale copertura delle spese per la gestione del servizio e remunerazione dell'attività svolta.
Il contratto è abitualmente a termine con durata poliennale.
Benché nessuna particolare forma sia richiesta per il suo perfezionamento, la stipulazione, anche a motivo dei rilevantissimi interessi economici spesso coinvolti, avviene di regola per iscritto.

3. La raccolta e la gestione degli ordini di pubblicità

Tale essendo, per grandi linee, lo schema di questo contratto, è evidente che le obbligazioni fondamentali del concessionario si riassumono nell'esecuzione del servizio e nella corresponsione della quota di ricavi di spettanza del concedente.
Quanto alla prima, il concessionario sarà anzitutto tenuto a procedere, con propria organizzazione e a proprie spese alla ricerca, promozione ed acquisizione di ordini di pubblicità per il veicolo, attività tipicamente commerciale, non dissimile da quella di altri intermediari del commercio.
Per vero, non sempre i contratti contengono precisazioni circa le dimensioni e le altre caratteristiche dell'organizzazione del concessionario, il quale sarà pertanto libero di avvalersi, a tal fine, di personale dipendente ovvero di agenti o semplici procacciatori. Ma è peraltro intuitivo che la struttura dell'organizzazione dovrà essere idonea alle finalità contrattuali, con particolare riferimento all'esigenza di raggiungere i volumi di fatturato pubblicitario che eventualmente le parti abbiano pattuito o comunque di non discostarsi in misura rilevante da quelli annuali indicativamente previsti, in genere definiti "targets".
Si deve inoltre ritenere che, nella ricerca e acquisizione della pubblicità, il concessionario sia tenuto a non adottare una politica commerciale che possa svilire o menomare l'immagine o la valenza pubblicitaria del veicolo in concessione. Benché uno specifico divieto in tal senso sia raramente espresso nei contratti, esso deriva dai doveri di correttezza, diligenza e buona fede sanciti dagli artt. 1175, 1176 e 1375 c.c., ed affiora, del resto, in alcune clausole negoziali ricorrenti, come in particolare quella che preclude al concessionario di svendere gli spazi pubblicitari, facendogli obbligo di attenersi, nell'acquisizione degli ordini, alle tariffe fissate dal concedente, pur se è prassi corrente che gli sia consentito praticare sconti od abbuoni, nella misura che spesso i singoli contratti precisano.
Una volta acquisiti gli ordini e perfezionati i relativi contratti di diffusione (dei quali garantirà in proprio all'inserzionista l'esecuzione, a ciò impegnandosi per l'impresa di mezzi e quindi promettendo il fatto del terzo ed assumendo le inerenti responsabilità ex art. 1381 c.c.), il concessionario sarà tenuto ad una serie di attività in funzione dell'inserimento della pubblicità sul veicolo, quali in particolare l'invio al mezzo delle copie dei contratti conclusi, la consegna degli esecutivi degli annunci o dei materiali forniti dall'inserzionista, la trasmissione dei calendari delle uscite e l'indicazione delle posizioni in cui inserire gli annunci. Si segnala che in ordine alla tempestività di tali adempimenti si registra frequentemente l'insorgere di divergenze fra le parti.
Infine, farà carico al concessionario procedere alla riscossione delle fatture emesse sugli inserzionisti e presentare al concedente, al termine di ogni periodo contrattualmente previsto, il rendiconto della gestione.

4. La quota del concedente. I minimi garantiti e le anticipazioni

L'altra delle principali obbligazioni del concessionario è la corresponsione della quota di ricavi di spettanza del concedente.
Nella maggioranza dei casi, gli accordi prevedono che la ripartizione abbia luogo sui ricavi lordi effettivi, al netto della sola IVA, cioè sui corrispettivi realmente pagati dagli inserzionisti per la diffusione della pubblicità ed incassati dal concessionario. Le eventuali insolvenze degli inserzionisti di regola incidono su entrambe le parti, ciascuna in proporzione alla rispettiva quota di riparto, né, salvo qualche eccezione, è normalmente previsto uno "star del credere" a carico del concessionario.
Circa l'entità delle quote di suddivisione dei ricavi, non esistono regole tassative, ma la prassi registra abitualmente una proporzione di circa 1/3 per il concessionario e 2/3 per il proprietario del veicolo, pur se non mancano casi in cui al concessionario è riservata una quota inferiore. Ove si consideri però che tutti i costi gestionali (includenti anche la commissione del 15 per cento alle agenzie di pubblicità che eventualmente assistano l'inserzionista) gravano sul concessionario, la proporzione indicata dalla prassi appare congrua.
I contratti prevedono anche le scadenze alle quali il concessionario è tenuto a versare al concedente la sua quota di ricavi, generalmente fissate al termine di ogni mese o trimestre.
Frequentissima è peraltro, in questi contratti (soprattutto se di una certa importanza) la pattuizione di minimi garantiti o di anticipazioni fisse dovute dal concessionario indipendentemente dall'entità degli effettivi ricavi. Soprattutto in passato è stata pratica decisamente diffusa che il concessionario si impegnasse a versare all'impresa di mezzi un determinato importo annuo o semestrale prefissato (il cosiddetto "minimo garantito"), dovuto anche nel caso in cui la quota di spettanza del concedente risultasse inferiore, e la formula - benché in via di progressiva sostituzione con quella dell'anticipazione fissa di cui si dirà - è ancora presente in molti contratti. È stato osservato che essa si giustifica in quanto assicurerebbe al proprietario del mezzo un introito certo per l'intera durata del rapporto e al concessionario la disponibilità di spazi o tempi pubblicitari per i propri clienti: ma se si considera che il sistema del minimo garantito non esclude l'obbligo del concessionario di corrispondere al concedente gli eventuali importi in supero ove la quota di questi risultasse superiore ai minimi pattuiti, non si può non rilevare che tale formula si caratterizza per l'assoluta unilateralità dell'alea.
È stata probabilmente questa la principale ragione che ha favorito l'affermarsi della formula dell'anticipazione fissa, nella quale il concessionario corrisponde periodicamente al mezzo, come nel "minimo garantito", un importo predeterminato, ma - a differenza di quello - a titolo di semplice anticipo sulla quota di effettiva spettanza. E quindi con la previsione che - ove quest'ultima si rivelasse inferiore all'anticipo erogato - si procederà ad un conguaglio per la differenza versata in più.
Circa le modalità di tale conguaglio, la contrattualistica presenta le soluzioni più varie: alcune volte lo si prevede al termine di ogni anno, altre alla fine dell'intero periodo contrattuale, altre ancora alla scadenza di ogni singola anticipazione con facoltà, per il concessionario, di compensare fino a concorrenza la differenza versata in più con il rateo di anticipazione successivo.
Comunque, quale che sia la formula in concreto prescelta, non vi è dubbio che gli istituti del minimo garantito e dell'anticipazione distorcano sensibilmente l'originaria fisionomia del contratto, dando luogo a vere e proprie forme di finanziamento nelle quali la concessione pubblicitaria costituisce in definitiva, per il concessionario, la garanzia del proprio investimento.
Infine, si segnala che dalle clausole di minimo garantito o di anticipazione finanziaria devono tenersi nettamente distinte le previsioni - pure frequentissime in questi contratti - di traguardi o targets minimi, generalmente annui, di gettito pubblicitario che ci si attende il concessionario abbia a raggiungere nel corso del rapporto. Se il conseguimento del target è contemplato come un impegno del concessionario, ci si troverà in presenza di un patto analogo, quanto meno nei suoi effetti economici, a quello di minimo garantito, nel quale però il concedente potrà pretendere di percepire la quota pattuita non già in forza di un vincolo obbligatorio ma a titolo di risarcimento. Se invece, come più spesso accade, il target risulti menzionato in contratto a meri fini previsionali non tassativi, il suo mancato raggiungimento potrà al massimo giustificare la domanda di risoluzione anticipata da parte del concedente.

5. L'esclusiva

Nella quasi totalità dei casi, il contratto di concessione pubblicitaria non contempla l'esclusiva in favore del concedente, restando libero il concessionario di assumere in concessione anche la pubblicità di altri mezzi, non solamente di tipo diverso ma anche dello stesso genere di quello del concedente e con esso in concorrenza. Tranne qualche eccezione, quindi, la contrattualistica non pone a carico del concessionario neppure semplici esclusive merceologiche.
È invece pressoché costante la previsione dell'esclusiva in favore del concessionario, nel senso cioè che il concedente si impegna a non affidarsi, per la raccolta della pubblicità, ad altre organizzazioni e a non raccoglierla in proprio. Corollari dell'esclusiva sono le clausole, frequentissime in questi contratti, che obbligano il proprietario del mezzo ad indirizzare al concessionario quanti gli richiedessero direttamente inserzioni pubblicitarie e ad indicare nome ed indirizzo del concessionario nel colophon della testata.
L'esclusiva a favore del concessionario è, per ovvi motivi, strettamente correlata, in posizione di sinallagma, alle eventuali clausole di minimo garantito o di anticipazione periodica di cui si è già detto, sicché la violazione dell'esclusiva potrà giustificare la sospensione delle erogazioni da parte del concessionario se non addirittura la sua domanda di risoluzione. Ma va aggiunto che non sempre l'esclusiva è totale e che sovente i contratti contengono eccezioni o deroghe ad essa.
Non sono rare, ad esempio, clausole che, anziché estendere l'esclusiva a tutta la raccolta pubblicitaria per la testata, la limitino solo alla pubblicità nazionale o a quella locale. Né sono infrequenti deroghe, con cui ad esempio si facoltizza il concedente a stipulare direttamente con l'utenza gli accordi per pubbliredazionali, o per inserti speciali, riservando in pratica al concessionario l'esclusiva per la sola pubblicità tabellare; ovvero che lascino libero il concedente di accettare ordini di pubblicità a condizioni particolari, ad esempio con pagamento in permuta (i cosiddetti "cambi merce"). L'elencazione è solo esemplificativa ed ha il mero scopo di illustrare la varietà di soluzioni che la pratica conosce; ma è quasi superfluo aggiungere che, nell'ambito in cui l'esclusiva opera ed a prescindere da eventuali deroghe espresse, non sarà consentito al concedente la raccolta né direttamente né tramite terzi.

6. L'esecuzione della pubblicità da parte del concedente

L'obbligazione principale gravante sul concedente è di dare esecuzione agli ordini di pubblicità raccolti dal concessionario. Il quale, come già si è accennato, allorché contratta con gli inserzionisti, promette il fatto del terzo: talché l'obbligo posto in tutti i contratti a carico dell'impresa di mezzi di inserire sul veicolo la pubblicità raccolta dal concessionario e di darvi diffusione assolve anche alla funzione di garantire quest'ultimo in relazione alla responsabilità verso l'inserzionista, configurabile, in caso di mancata diffusione, ex art. 1381 c.c.
L'adempimento dell'obbligo del proprietario del mezzo di dare corso agli ordini di pubblicità raccolti dal concessionario si concreta nelle prestazioni prevalentemente tecniche già illustrate a proposito dei contratti di diffusione (cfr. supra, Capitolo Secondo, par. 6 ss.). E non è inutile ricordare che il concedente, pur se gli ordini sono stati acquisiti dal concessionario, conserva in ogni caso la facoltà di esercitare, sulla pubblicità da questi trasmessagli per la diffusione, il "diritto di rifiuto" ove, a motivo dei suoi contenuti, essa risultasse contra legem o inadatta al suo pubblico (cfr. ampiamente supra, Capitolo Secondo, par. 4). La clausola che sancisce a favore del concedente il diritto di rifiuto è di regola presente in tutti questi contratti.
Ma va altresì osservato come, nell'impegno del concedente di eseguire gli ordini di pubblicità acquisiti dal concessionario, sia da ravvisarsi anche un'obbligazione in favore di terzi a sensi dell'art. 1411 c.c., della quale ricorrono tutti gli elementi costitutivi, non essendovi dubbio che l'accordo fra il concedente (in posizione di promittente) e il concessionario (quale stipulante) sia volto ad obbligare il primo al compimento di una serie di prestazioni (l'inserimento della pubblicità sul veicolo e la sua diffusione) a beneficio di un soggetto terzo (l'inserzionista), rimasto estraneo alla sua conclusione. La principale conseguenza che ne deriva è che, in forza dell'obbligazione assunta dal proprietario del mezzo, gli inserzionisti potranno pretendere direttamente da lui la prestazione diffusiva ed agire nei suoi confronti ove questa non sia adempiuta o sia eseguita in modo difettoso o intempestivo. Con l'avvertenza peraltro - è quasi inutile rammentarlo - che il proprietario del mezzo avrà facoltà di opporre all'inserzionista le eccezioni fondate sul contratto di concessione in applicazione dell'art. 1413 c.c. Tale aspetto potrà trovare concreta applicazione soprattutto nel caso di esercizio del diritto di rifiuto da parte del proprietario del mezzo, al quale sarà consentito di negare la diffusione dei messaggi ritenuti non confacenti, ancorché, in ipotesi, la relativa clausola l'inserzionista non abbia mai accettato.

7. Il mantenimento qualitativo del mezzo

L'obbligo del concedente di mantenere il veicolo ai livelli qualitativi e quantitativi esistenti all'atto del conferimento della concessione non è quasi mai espressamente previsto nei contratti.
Ma il punto è di preminente importanza, essendo evidente che i rilevanti impegni che il concessionario assume verso il proprietario del mezzo (si pensi ai minimi garantiti o agli anticipi fissi, quasi sempre promessi in prospettiva pluriennale) si basano sul presupposto che, per tutto il periodo della concessione, il veicolo non muti le caratteristiche che aveva al momento della stipulazione, non si deteriori per contenuti, qualità dei servizi o ampiezza della diffusione e non subisca apprezzabili flessioni di readership o di audience, elementi tutti che determinano il "valore pubblicitario" di un mezzo ed influenzano direttamente le scelte degli inserzionisti e, con esse, la raccolta pubblicitaria.
Benché in alcuni importanti contratti che prevedono cospicui minimi garantiti o anticipazioni finanziarie l'impegno del concedente di mantenere inalterata la diffusione o l'audience risulti presente, essa è tutt'altro che frequente. Ma si ritiene che - quand'anche faccia difetto - l'obbligo del proprietario di mantenere inalterate le caratteristiche del veicolo sia da considerarsi come implicitamente presupposto.

8. Durata e cessazione del contratto

Il contratto di concessione pubblicitaria ha quasi sempre durata pluriennale, in genere da un minimo di tre ad un massimo di cinque anni. La lunga durata è giustificata dalla stessa natura del rapporto, che esige un periodo di introduzione e raggiunge pieni effetti economici solo dopo qualche tempo. In vista di ciò, è del resto usuale che i contratti prevedano un incremento della raccolta pubblicitaria anno per anno ed una elevazione progressiva dei targets pattuiti. Non è infrequente la clausola di tacito rinnovo in assenza di disdetta con congruo preavviso.
È altresì clausola assai diffusa quella che, allo spirare del contratto per naturale scadenza, fa obbligo al proprietario del veicolo di dare esecuzione, per la parte residua, a tutti gli ordini di pubblicità raccolti dal concessionario fino alla data della risoluzione. Tale parte residua di ordini viene indicata con il termine "portafoglio" ed i contratti predeterminano anche quanto il concedente sia tenuto a corrispondere al concessionario per la sua acquisizione.
Infine si rammenta che i contratti spesso contengono pattuizioni che regolano, alla scadenza del rapporto, il "passaggio di consegne" dal vecchio al nuovo concessionario e i casi di cessione o fusione di testate, stabilendo, in tali ipotesi, che il concessionario possa, a sua scelta, optare fra la risoluzione anticipata del contratto o la sua continuazione con il nuovo proprietario o con la testata risultante dalla fusione.

9. Natura giuridica

Benché il contratto di concessione pubblicitaria non trovi nella legge una specifica disciplina, si ha qualche esitazione nel considerarlo tout court come negozio assolutamente atipico.
Ma va detto subito che si deve escludere esso rivesta gli estremi della figura negoziale tipica a cui si potrebbe a prima vista essere indotti a pensare: quella cioè del contratto di agenzia commerciale disciplinato dall'art. 1742 ss. c.c. Infatti, l'obbligazione dell'agente di commercio è di compiere un'attività preparatoria diretta alla conclusione di affari per conto del preponente, mentre, nel caso del concessionario, questi conclude contratti in nome proprio, con l'obbligo di gestirli e di trasferirne al concedente gli effetti attivi e passivi in un momento successivo.
Resta la constatazione che la struttura del negozio sembra ricondurlo nella categoria di quelli gestori, presentando rilevanti analogie con il mandato senza rappresentanza (art. 1703 ss. c.c.), e con la commissione (art. 1731 ss. c.c.). Ma non ci si può sottrarre dall'osservare che alcune sue peculiarità (ed in particolare quella attinente alla partecipazione di entrambe le parti pro quota ai ricavi) introducono aspetti affatto inconsueti, fino ad indurre ad intravvedervi gli elementi di un contratto parziario, avente vaghe analogie con l'associazione in partecipazione (art. 2549 ss. c.c.).
In alcuni settori della diffusione poi, la figura del concessionario di pubblicità presenta aspetti notevolmente difformi da quelli fin qui presi in considerazione, i quali riguardano principalmente i soggetti che assumono in regime di concessione la gestione della pubblicità dei grandi mezzi. Ci riferiamo in particolare alle imprese concessionarie dei mezzi minori (piccoli quotidiani, piccole emittenti radiotelevisive, locali e luoghi di pubblico spettacolo, per nominarne alcuni), che vengono trattati sul mercato come possibile veicolo di pubblicità non già singolarmente ma nel loro complesso, parlandosi in tal caso di "reti" o "syndications" o "circuiti" che il concessionario offre unitariamente all'utenza nell'ambito di un solo contratto di diffusione che li comprende collettivamente. Benché, anche in questi casi, gli accordi che intercedono fra il concessionario e ciascuno dei mezzi del circuito non divergano macroscopicamente dagli schemi negoziali che abbiamo visto, è tuttavia incontestabile che il peso contrattuale che l'impresa concessionaria vi assume sia preponderante, ciò che finisce per limitare sensibilmente l'autonomia dei concedenti e per trasformare il contratto di concessione in un negozio do ut facias, il cui oggetto è costituito dall'impegno della testata giornalistica o dell'emittente o della sala cinematografica, ecc., a pubblicare, trasmettere o proiettare in esclusiva e contro corrispettivo la pubblicità di terzi che la concessionaria le commetterà. Ravvisare in accordi di questo tipo dei veri e propri mandati non riesce per vero molto agevole, sembrando piuttosto che sul contratto gestorio s'innestino inequivoci elementi della locatio operis e più specificamente dell'appalto di servizi, in un quadro nel quale - a fronte del pattuito compenso - il mezzo assume l'impegno di procedere alle necessarie attività diffusive. Ed ove poi si consideri la prevalenza che il profilo finanziario assume in molti di questi rapporti, in misura spesso predeterminata in funzione non tanto del gettito pubblicitario quanto piuttosto delle necessità economiche del mezzo, vi è da chiedersi, come già si è un po' provocatoriamente osservato, se non sia il finanziamento a qualificarli, assumendo la concessione il mero ruolo di una garanzia del credito del mutuante.
In realtà, determinare con esattezza la natura giuridica di questo contratto è estremamente arduo. La soluzione più corrette sembra sia di considerarlo un contratto misto, nel quale aspetti gestori coesistono con elementi di altri negozi. Ma mentre tali ultimi elementi, stante la varietà delle soluzioni che la pratica contrattuale propone non sempre sono presenti o non lo sono nella stessa misura, la struttura di fondo resta nella sostanza quella del mandato senza rappresentanza, pur se con numerose anomalie rispetto alla configurazione tipica che di questa figura negoziale la legge offre. Resterà da stabilire, a seconda dei casi e dell'importanza assunta nel loro contesto dagli elementi di negozi diversi, se questi ultimi predominino sulla struttura di base riconducendo il rapporto nell'area di un altro istituto contrattuale ovvero lascino prevalere la figura del mandato.

Autore: Maurizio Fusi


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