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FATTISPECIE NEGOZIALE, AMBITO DI OPERATIVITA', LIMITI DELLA DISCIPLINA ITALIANA. (V PARTE) |
4. Sono sottratte all’ambito di applicazione della disciplina le fattispecie indicate dal comma 4 del cennato art. 121 T.U. ossia i "finanziamenti di importo rispettivamente inferiore e superiore ai limiti stabiliti dal CICR con delibera avente effetto dal trentesimo giorno successivo alla relativa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della repubblica italiana" (i limiti minimi e massimi continuano ed essere pari rispettivamente a lire trecentomila e lire sessanta milioni). Riguardo a questa causa di esclusione, viene dalla dottrina evidenziata "la potenziale portata eversiva o elusiva della norma, nella misura in cui la fissazione di un importo inferiore al minimo stabilito possa diventare facile mezzo di aggiramento della disciplina da parte di chi frazioni il prestito in una pluralità di contratti di ammontare inferiore al minimo stabilito dal legislatore (o dal C.I.C.R.)" Le successive esenzioni indicate nelle lettere c) ("finanziamenti rimborsabili in un'unica soluzione entro diciotto mesi e d) ("finanziamenti privi, direttamente o indirettamente, di corrispettivo di interessi o di altri oneri, fatta eccezione per il rimborso delle spese vive sostenute e documentate") hanno ad oggetto ipotesi di contratti di finanziamento che, per non prevedere il pagamento di oneri calcolati in forma di interesse, ovvero per costituire erogazioni fondamentalmente gratuite, giustificano la loro sottrazione alla disciplina garantistica del T.U.. Chiudono la lista le ipotesi dei finanziamenti relativi a beni immobili (lett. e) e quella dei contratti di locazione semplice (confermando, a contrario, la soggezione alla disciplina del cosiddetto leasing al consumo). Per le aperture di credito in conto corrente non connesse all'uso di una carta di credito il T.U., diversamente dalla direttiva comunitaria (v. art. 2, lett. e), non contempla l'inapplicabilità della disciplina. Ciò in ragione della natura per così dire "bivalente" del contratto in parola, giacché se, da un lato, "l'apertura di credito è una delle forme di finanziamento alla quale, nella prassi, si ricorre più frequentemente per le concessioni di credito all'impresa", è, d'altro lato, evidente che "da questo contratto può derivare un tipo di rapporto che ha molteplici affinità con quello ricorrente nei contratti di credito al consumo". In ogni caso, anche con riferimento a quest'ultima ipotesi, l'applicabilità della disciplina sul credito al consumo appare difficile. E basti, al riguardo, riflettere sulla impossibilità tecnica del calcolo del tasso annuo effettivo globale (TAEG) in un rapporto per il quale i versamenti ed i prelievi del consumatore non sono generalmente determinati né nel quantum né nel quando.
5. Con l'attuazione della direttiva, l'esercizio in Italia del credito al consumo diviene attività riservata alle sole categorie di soggetti indicate nel secondo comma dell'art. 121, e cioè alle banche (lett. a); agli intermediari finanziari (lett. b); ai soggetti autorizzati alla vendita di beni o di servizi nel territorio della Repubblica, peraltro nella sola forma della dilazione del pagamento del prezzo (lett. c). Accanto alle banche, come sopra definite, sono riservatari dell'attività gli intermediari finanziari contemplati nell'art. 106 come esercenti nei confronti del pubblico di un'ampia serie di attività finanziarie, come l'assunzione di partecipazioni, la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, la prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi, iscritte in un apposito elenco tenuto dall’Ufficio Italiano dei Cambi (U.I.C.). Il controllo si articola con riferimento alle tre grandi aree nelle quali gli intermediari finanziari vengono suddivisi. Se non operano nei confronti del pubblico, sono sottoposti ad obbligo di iscrizione in una apposita sezione dell’elenco generale tenuto dall’U.I.C. e soggiacciono ai requisiti di onorabilità dei soci e degli esponenti aziendali determinati con regolamento dal Ministro del tesoro. All’interno dei soggetti che operano nei confronti del pubblico, la distinzione pertiene fondamentalmente alle caratteristiche dell’attività svolta. In via generale questi intermediari sono obbligati all’iscrizione nell’elenco dell’art. 106 (tenuto, come detto dall’U.I.C.) e sottoposti ai controlli tanto cartolari quanto (dopo le modifiche all’art. 106) ispettivi dello stesso Ufficio dei Cambi. Per gli intermediari la cui attività rileva nei circuiti di finanziamento dell’economia, sottendendo così maggiore rischio sistemico, è invece prevista l’iscrizione nell’elenco speciale dell’art. 107, tenuto dalla Banca d’Italia che esercita nei loro confronti una vigilanza regolamentare, informativa ed ispettiva molto simile a quella svolta nei confronti delle banche. Il successivo terzo comma estende infine, in quanto compatibili, la disciplina legislativa sul credito al consumo e quella sulle regole generali e sui controlli anche a quanti svolgano attività di intermediazione finalizzata alla concessione del credito da parte del finanziatore. Venendo, da ultimo alle sanzioni amministrative, mette conto far menzione della applicabilità nei confronti degli esponenti e degli stessi dipendenti di banche, intermediari finanziari ed imprese commerciali (nonché nei confronti di coloro che si interpongono nelle operazioni di credito al consumo) della sanzione pecuniaria fino a lire cento milioni per l'inosservanza delle dette prescrizioni dell'art. 128, ovvero per ostacolare l'esercizio delle funzioni di controllo innanzi descritte. |
Autore: Giuseppe Carriero |
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