Il nuovo schema di decreto legislativo recante il Codice delle amministrazioni digitali, recentemente approvato dal Governo, potrebbe mettere in serio pericolo le transazioni effettuate nel commercio elettronico per le imprese. Con l'applicazione delle nuove norme, infatti, i titolari di siti e-commerce rischiano di vedere confinato nel limbo del "quasi giuridico" o del totalmente illegittimo quanto realizzato sino adesso sul web. Gli articoli del Codice (approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri lo scors11 novembre) dedicati alla firma elettronica, al documento informatico, al contratto stipulato on-line (artt. 17 e 18), pensati essenzialmente per le esigenze del settore pubblico, a causa dell'art. 2 comma 3 del codice si applicherebbero anche ai privati, con conseguenze devastanti per il futuro dell'e-business tra imprese. Quello che ci si deve chiedere prima di ogni cosa, in merito a questa ulteriore “nuova” normativa sul documento informatico e sulla firma digitale è perchè ci si ostina a voler rendere rilevanti anche per il settore privato normative sviluppate per le sole pubbliche amministrazioni! Il settore privato - fatto di scambi telematici internazionali, di immediatezza, di autoregolamentazione e creazione di prassi — non può adattarsi a regole rigide pensate per attribuire massima sicurezza, autenticità e certificazione a documenti di natura pubblica.
Norme in vigore
La normativa attualmente in vigore (dpr 445/00) è certamente migliorabile, ma ha cercato di tener conto delle esigenze della prassi commerciale telematica attribuendo una valenza formale a nuove forme di autenticazione molto utilizzate nel commercio elettronico tra privati. Infatti, a tutti questi documenti, anche se non "firmati" con firma digitale, veniva attribuita rilevanza formale "scritta", pur rimanendo gli stessi "liberamente valutabili" dal giudice dal punto di vista probatorio. Oggi queste norme, nonostante recepiscano la normativa comunitaria (direttiva n.93/99), vengono in discussione e il "nuovo" Codice rischia di riportare indietro alla precedente normativa dedicata alla firma digitale (il dpr 513/1998) più volte "bacchettata" da Bruxelles. Il nuovo Codice definisce la firma elettronica "leggera" come "l'insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica", confermando così l'opinione di quei giuristi che ritenevano la definizione di firma elettronica "leggera" un concetto tecnologicamente neutro e flessibile, ma soprattutto tendente a ricomprendere varie forme di attribuzione della paternità di un documento elettronico a un soggetto, come per esempio anche una e-mail e una semplice Id e Pw per accedere ad una area riservata di un sito. Ma invece di attribuire un minimo di rilevanza a queste firme elettroniche "leggere", il Codice si "dimentica" di loro, lasciando indeterminato il valore formale e probatorio.
Le modifiche
Sulla base delle nuove regole è a rischio la stessa validità di qualsiasi documento informatico. Al primo comma dell'art. 17 il legislatore afferma che qualsiasi documento informatico, che non osservi le regole tecniche da emanarsi con successivo decreto, non ha più alcun valore. L’art. 17 rischia di segnare la fine del documento informatico.
Al secondo comma dello stesso articolo il legislatore prosegue affermando che, in Italia, solo il documento con firma digitale avrà valore di "forma scritta". Il resto sembra non esistere più giuridicamente, pur essendo tutto ciò in contrasto con l'evoluzione giuridica del concetto di "documento scritto" nel commercio internazionale dove da tempo si ritengono "forma scritta" anche telegrammi, telefax, telex, perfino le e-mail. Eppure, il legislatore sempre nello stesso Codice afferma all’art. 49 che “i documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico, ivi compreso il fax, idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale”.
Conclusioni
C’è qualcosa che non torna nella comprensione giuridica oppure trattasi di un’allucinazione linguistica? Con il nuovo Codice, il legislatore dimentica che il concetto di firma elettronica "leggera" associato alla "forma scritta" non va confuso con il profilo della sicurezza e con gli aspetti probatori. Si tratta di un concetto elastico che servirebbe a rendere validi e rilevanti tanti "comportamenti telematici" che hanno generato prassi commerciali, come per esempio l'invio di e-mail nelle trattative tra imprenditori, la realizzazione di siti web di commercio elettronico basati sulla manifestazione del consenso attraverso il "point & click", sino alle informative "scritte" per i consumatori e all'acquisizione on line del consenso al trattamento dei dati personali. In questo caso bisogna domandarsi che fine faranno tutte queste prassi commerciali.
Si confonde l'esigenza di sicurezza assoluta informatica come un'esigenza giuridico-commerciale e, invece, l'e-business per evolversi ha bisogno di normative che conferiscano validità all'aformalismo degli scambi commerciali telematici e non che neghino loro ogni valore.
Mai nel commercio tra privati ci siamo sognati di conferire validità giuridica ai soli documenti assolutamente sicuri! Un telefax è sicuro? Una sottoscrizione non può esser forse falsificata? Il testamento olografo è forse immodificabile e inalterabile? E perchè mai allora da decenni la tradizione giuridica conferisce validità a questi documenti nel commercio tra privati?
Si ricorda, infine, che il nostro ordinamento giuridico prevede, per molte contrattazioni rilevanti anche nel mondo telematico, la "forma scritta": anzi, per l'approvazione di clausole e condizioni della maggioranza dei contratti relativi a fornitura di prodotti e servizi offerti sulla rete internet è necessaria la forma scritta! E allora o si elimina l’art. 2 comma 3 del Codice e questo si rivolgerà più ai suoi reali destinatari oppure queste “innovazioni” legislative devono essere meditate di più prima di buttare all’aria in continuazione norme emanate appena qualche anno prima.
Il presente articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Denaro del 15.12.2004 nella sezione "Diritto e nuove tecnologie" diretto dall'avv. Giustino Sisto.
Se vuoi collaborare con Dirittosuweb.com scrivi a giustinosisto@dirittosuweb.com