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Il TAR giudica la patente europea del computer

Il 14 giugno 2004 il Tribunale amministrativo del Lazio (sentenza n. 5632) si è espresso sul ricorso presentato da Tesi Automazione (società operante nel settore della formazione), che aveva denunciato il progetto “Vola con Internet”del Ministero dell’Innovazione relativo all’incentivazione all’acquisto di computer e di corsi per la ECDL, ritenendo illegittimo associare la ECDL al programma governativo “Vola con Internet” e negando valore pubblicistico alla Patente europea del Computer in quanto del tutto equivalente alle altre certificazioni private disponibili sul mercato.
Secondo il TAR, “la cosiddetta Patente europea del Computer non è un titolo di studio o abilitazione riconosciuta dall’Unione europea, ma esclusivamente un marchio industriale, tutelato da un brevetto comunitario registrato anche in Italia”.
Inoltre la stessa Unione europea ha stabilito che la ECDL deve operare “senza pregiudizio per gli altri schemi nazionali esistenti ovvero della possibilità di includere anche altri schemi di accreditamento”.
Anche l’Antitrust ha reputato “non salutare” la preferenza assoluta data dalla Pubblica Amministrazione alla ECDL.
Sebbene infatti il ruolo della ECDL in Italia sia riconosciuto fin dal 1999 con la stipula del protocollo tra Ministero della Pubblica Istruzione e AICA, l’associazione che cura la diffusione di ECDL nel paese, la Patente non è l’unica certificazione che possa o debba essere considerata.
Secondo l’Authority inoltre la preferenza accordata all’ECDL in ambito pubblico e privato ha un innegabile effetto negativo sulla concorrenza nel settore, superando pertanto il senso e la ragione dell’esistenza della Convenzione del ’99 e dei successivi accordi per la diffusione della Patente.
Conclude il TAR, “devono essere annullati il DM 8/4/2003 e deve essere dichiarata l’inefficacia della Convenzione del 27/6/2003” ma “…vanno tuttavia fatti salvi gli effetti già prodotti concernenti le istanze già presentate dai giovani beneficiari che hanno aderito all’iniziativa acquistando la skill card alla data del 1/3/2004 di pubblicazione della presente decisione”.
Il Ministero ora, non solo è obbligato a bandire una gara pubblica, ma è costretto anche a risarcire il danno provocato al ricorrente per la cosiddetta “perdita di chanche”, cioè di opportunità commerciali.
Al momento né il Ministero dell’Innovazione, né l’AICA hanno rilasciato commenti alla sentenza del TAR.

 

Il testo integrale della sentenza

Il Tribunale Amministrativo Regionale del LAZIO,Sez. III-ter  

sul ricorso n. 7209/2003 R.G. proposto dalla “TESI” AUTOMAZIONE s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv.to Carmelo D’Alessandra e elettivamente domiciliata in Roma, via Nomentana n. 222, presso l’avv.to Fabio Ferri (studio legale Giveri Vettori Corrado);
contro
-- il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, in persona del Ministro p.t., costituito in giudizio con l’Avvocatura Generale dello Stato;
-- il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non costituitosi in giudizio;
-- la Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituitosi in giudizio;
e nei confronti di
Associazione Italiana Informatica e Calcolo Automatico (A.I.C.A.), in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi con gli avv.ti L. e R. Lavitola e M. Volo Ranacati;
per l'annullamento
1) del decreto del 08.04.2003;
2) del bando/concorso denominato “Vola con Internet”;
3) della “Convenzione” relativa all’affidamento diretto alla controinteressata A.I.C.A. della gestione del servizio formativo finalizzato alla erogazione della patente europea del computer (E.C.D.L.) e del decreto di approvazione in data 5.7.2003;
4) delle note propositive/informative;
5) di ogni altro atto presupposto, coevo, conseguenziale comunque connesso all’affidamento, ivi compreso il decreto dipartimentale di delega del 12.6.2003.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie prodotte dalla parte ricorrente;
Visti gli atti di  costituzione dell’Amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore alla pubblica udienza del 26.02.2004 il Consigliere Umberto Realfonzo; e uditi l’Avv. D’Alessandra per la ricorrente, l’Avv. dello Stato Giannuzzi, l’avv. Lavatola e l’avv. La Grotterie per Volo Ranacati per la controinteressata 
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
Con il presente gravame la Società ricorrente impugna l’intero procedimento di affidamento diretto del servizio di incentivazione dell’utilizzo degli strumenti informatici da parte dei giovani sedicenni, in “Convenzione”, alla controinteressata Associazione Italiana Informatica e Calcolo Automatico (A.I.C.A.), in quanto titolare del brevetto della Patente Europea del Computer (ECDL).
Con il ricorso introduttivo e con i successivi motivi aggiunti si denuncia la violazione dei principi comunitari in materia di appalti di servizi di cui alla dir. 92/50 e al d. lgs. n.157/1993; degli artt. 3-41 della Cost.; e dell’art. 2 della L.287/90 e della Dir. CEE 84/450; e del d.lgs. n.358/1992 e dell’art.24 della L. n.289/03; ed eccesso di potere sotto diversi profili.
L’Amministrazione intimata e la società controinteressata, ritualmente costituitesi in giudizio, con le rispettive memorie hanno eccepito: in linea pregiudiziale, il difetto di giurisdizione; in linea preliminare, l’inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza del ricorso.
Con memoria per la discussione la difesa della ricorrente ha sottolineato le proprie argomentazioni.
All'udienza del 26 febbraio 2004, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il dispositivo della sentenza pronunciata è stato ritualmente pubblicato il 1.3.2004 ai sensi del sesto comma 23 bis della L.6 dicembre 1971 n. 1034 (come mod ed int. dalla Legge 21 luglio 2000 n. 205).
DIRITTO
   1. In linea pregiudiziale deve essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto il rapporto in questione non sarebbe riconducibile alla categoria degli appalti pubblici di servizi.
Per la Difesa Erariale i servizi informatici identificati dalla CPC concernerebbero solo l’istallazione e la manutenzione hardware mentre nel caso all’esame l’Amministrazione avrebbe concordato con la controinteressata, delle tariffe agevolate per l’acquisto delle skills card (cioè da un tesserino emesso da AICA che abilita allo svolgimento on line di esami per la verifica delle conoscenze di informatica dei giovani secondo lo standard della “Patente europea del computer”).
Per la controinteressata non si sarebbe quindi trattato della scelta di un singolo imprenditore, ma di assicurare ai beneficiari l’accesso ad un specifico “bene “ posseduto solo dall’AICA, l’European Computer Driving Licence (ECDL).
L’eccezione va respinta.
Sussistono infatti i due elementi fondamentali per qualificare la fattispecie come contratto d’appalto: da un lato la natura obiettiva della prestazione;e dall’altro  un rapporto a titolo oneroso concluso per iscritto tra un privato ed una P.A. .
Quanto al suo contenuto oggettivo, l’erogazione di incentivi al sostegno della formazione informatica appare riconducibile agli appalti pubblici di servizi, trattandosi di prestazioni ricadenti nel n. 12 dell’All. 1, e di servizi di formazione di cui alla Cat. 24 dell’all. 2 del d.lgs. n. 157.
Per ciò che invece concerne l’onerosità dell’affare, è sufficiente rilevare che alla AICA erano commissionate attività con oneri a carico del Ministero per complessivi 17 milioni di euro (come risulta dall’art. 1 della Convenzione).
Deve al riguardo osservarsi che, ancorché la convenzione parli di “rimborso” per ogni esame (pari a € 8 i primi 700.000 giovani per un onere stimato di € 48 per giovane per la verifica on line della preparazione), la presenza di numerose altre prestazioni (elenco sedicenni beneficiari, accreditamento di scuole pubbliche e private quali centri, riconoscimento alle stesse di due esami a titolo gratuito, elenco esami, ecc.) induce a ritenere che in realtà si tratti di un vero e proprio “corrispettivo dell’appalto”, erogato con la tecnica economica del caricamento dei costi complessivi sui singoli esami svolti.
A diversa conclusione non inducono le contrarie indicazioni delle parti resistenti in quanto:
   -- è irrilevante che l’iniziativa sia diretta ad un individuato novero di giovani (572.176) con un onere a loro carico, decisivo apparendo, per la configurazione di un appalto pubblico di servizi che il rapporto tra il privato e l’assuntore del servizio derivi da un  contratto a prestazioni corrispettive, con cui la P.A. ha inderogabilmente fissato gli elementi essenziali del negozio ed ha autoritativamente stabilito la misura della compartecipazione agli oneri (come del resto avviene per tutti i c.d. servizi pubblici a domanda individuale: trasporti scolastici, biblioteche, piscine, ecc. ecc. che sono normalmente affidati dagli enti a mezzo di appalti);
-- è inconferente che l’AICA assuma di non avere scopo di lucro. A parte l’alto contenuto patrimoniale delle prestazioni assunte con la convenzione impugnata, la natura no-profit di un ente non esclude in modo assoluto la possibilità di svolgere in appalto alcune attività, in particolare quelle dei settori dell’istruzione e della formazione (cfr. numeri 4) e 5) dell’art. 10 del D.lgs. 4 dicembre 1997 n. 460 relativo alla disciplina tributaria delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale);
  -- è inesatto, come sarà precisato in seguito, che l’ECDL abbia una esclusiva “valenza pubblicistica”.
In relazione alla materia sostanziale del rapporto sussiste quindi la giurisdizione di questo giudice amministrativo, in quanto l’impugnato procedimento di affidamento avrebbe dovuto essere effettuato in base alla disciplina comunitaria dei servizi di cui al d. lgs. n.157/1995 e s.m. .
   2. Devono essere poi respinte tutte le eccezioni di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti:
  2.1 Il ricorso sarebbe inammissibile per omessa impugnazione dei provvedimento con cui all’ECDL sarebbe stata accreditata dal Ministero per l’Innovazione come “certificazione riconosciuta ai fini pubblici”: in realtà la pretesa qualificazione “pubblicistica” della Patente europea del computer non ha alcun rilievo giuridico o fattuale per cui non crea alcuna preclusione processualmente rilevante.
   2.2 Viene eccepito poi che il procedimento sarebbe comunque ricorrendo i presupposti per procedere all’affidamento diretto all’AICA, quale unica titolare del brevetto, ai sensi dell’art.7 lett. b del D.lgs. n.157/1995. L’applicabilità, nella specie, della predetta norma deve però escludersi perché l’ECDL anche se soggetta a diritti riservatari, non è l’unico sistema di apprendimento e di verifica delle competenze informatiche presente sul mercato.
   2.3 Si sostiene inoltre che la ricorrente non avrebbe interesse a ricorrere, perchè non attiva nel mercato dei servizi informatici.
La TESI, al contrario, ha ampliamente documentato di essere distributore di un altro standard di formazione informatica l’IC3 (Internet e Computing Core Certification) e di avere a sua volta sottoscritto numerose “convenzioni” (non molto dissimili invero da quella in esame) con il MIUR, con il Ministero dell’Interno dipartimento della Pubblica Sicurezza; con l’Università di Catania ecc. ecc. (cfr. documenti nn. 12-13-14-15 allegati all’atto di motivi aggiunti).
     2.4 Viene eccepito che la convenzione non sarebbe un atto impugnabile, in quanto negozio di diritto privato, e che il relativo decreto di approvazione sarebbe un atto meramente consequenziale).
Al contrario, l’affidamento diretto comunque denominato di un servizio in deroga alla disciplina comunitarie in materia di appalti è un atto impugnabile nei termini decadenziali, unitamente ai suoi atti presupposti e consequenziali.
   2.5 Si sostiene anche che il decreto di delega al dirigente del Settore firmatario della Convenzione non sarebbe impugnabile perché “atto interno”.
Al riguardo è sufficiente rilevare che la potenziale lesività di atti di organizzazione  delle P.A. non può essere esclusa a priori, a prescindere dalla rilevanza, nel presente caso, di tale provvedimento.
   2.6 Quanto infine all’eccezione di tardività dei motivi aggiunti, basta rilevare che la ricorrente ha avuto piena conoscenza del contenuto esatto della Convenzione (e degli altri atti impugnati con i motivi aggiunti del 17 settembre 2003) solo in seguito all’accesso del 2.9.2003, e che, in ogni caso, già nel ricorso introduttivo aveva fatto un riferimento all’atto “di affidamento alla AICA”, allora non conosciuto nei dettagli.
Il ricorso è dunque pienamente ammissibile.
   3. Nel merito il ricorso è fondato per l’assorbente considerazione dei profili che seguono.
   3.1 Condivisibile appare la doglianza prospettata con il secondo motivo del ricorso introduttivo con cui si sostiene che illegittimamente la “convenzione” abbia affidato direttamente alla controinteressata un appalto stimabile in oltre ventisette milioni di euro complessivi (10 milioni per le skill cards a carico dei giovani più € 17 milioni di compensi per gli esami a carico del Ministero) senza espletare alcuna gara.
La denominazione come “convenzione” del contratto non poteva infatti avere alcun rilievo giuridico ai fini di una differente qualificazione della fattispecie. 
A tutto voler concedere, per poter inquadrare la fattispecie come convenzione connessa con l’erogazione di un contributo “a rimborso”, avrebbe dovuto essere preventivamente pubblicato l’avviso prescritto dall’art. 10 della L. n. 241/1990 e s.m. (cfr. Consiglio St. Atti norm., 31 agosto 1998, n. 163; Consiglio Stato A. Gen., 28 settembre 1995, n. 95; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 2 febbraio 2002, n. 572 T.A.R. Lombardia Brescia, 28 dicembre 2000, n. 1077; ecc. ). Ma qui non risulta alcuna pubblicazione al riguardo.
Nè può ritenersi che nella specie si fosse in presenza di un “rapporto di diritto privato” tra la P.A. e l’AICA, ovvero di una “fattispecie ibrida”, come assume la controinteressata. 
La c.d. “convenzione“ doveva in definitiva essere qualificata, ai sensi dell’art. 3 del d.lsg, n. 157/1995, come contratto d’appalto “a titolo oneroso” perchè concerneva la prestazione di vari servizi, riconducibili rispettivamente alla Categoria n. 12 dell’Allegato 1, ed alla Categoria n. 24 dell’Allegato 2, entrambi annessi al d.lgs. n. 157/1995 di recepimento della Dir. CEE 92/50.
Per ciò che concerne in particolare la prima categoria si deve precisare, in linea generale, come il riferimento al codice “84” della CPC  (contenuto nel predetto n. 12) comporta l’automatica inclusione in tale voce di oltre 20 servizi (fornitura, sviluppo, manutenzione software, attività di supporto, di consulenza, servizi informatici vari, ecc) ricompresi nella Divisione 72 “Informatica e servizi connessi” dell’allora vigente Regolamento CEE n. 3696/93 relativo alla classificazione statistica dei prodotti e dei servizi (oggi sostituito con il nuovo “CPV”) per cui la convenzione “Vola con Internet” era riconducibile, al codice “84990” dei servizi.
Sempre in tale angolazione, deve poi anche precisarsi che l’esame complessivo delle prestazioni e delle relative remunerazioni, induce a ritenere che la c.d. “fornitura” delle skill cards, in realtà dovesse essere ricondotta alla componente “servizi”, il predetto supporto magnetico essendo utilizzabile solo nell’ambito del servizio prestato dalla controinteressata.
Ma anche a voler ritenere il contrario, in ogni caso si sarebbe dovuto far luogo ad un “appalto misto” di forniture e servizi che, in relazione alla prevalenza economica di questi ultimi, avrebbe dovuto essere aggiudicato in base alla disciplina comunitaria dei servizi, ai sensi dell’art. 3, IV° co. del d. lgs. n.157/1995 e s.m. .
Deve, pertanto, concludersi per la illegittimità del procedimento di affidamento diretto del contratto in assenza di una procedura di gara comunitaria.
   3.2. Per ragioni di completezza va esaminato anche il primo motivo del ricorso introduttivo, con cui si denuncia l’illegittimità dell’individuazione dell’ECDL come “standard europeo”, al fine di sottrarre la scelta dell’affidatario alle regole europee sulla concorrenza, trattandosi di una certificazione pubblicamente riconosciuta. 
L’assunto è fondato.
La c.d. “Patente europea del Computer” non è infatti un titolo di studio o abilitazione riconosciuta dall’Unione Europea, ma esclusivamente un marchio industriale, tutelato da un  brevetto comunitario (n. 655274) registrato anche in Italia (cfr. doc. nn.5 e 5-bis del deposito della controinteressata del 21 luglio 2003).
Anche la Raccomandazione (ricordata dalle parti resistenti), relativa alla accettabilità dell’ECDL in Europa come “… schema di accreditamento base, in quanto rispondente ai riferimenti del “Europe2002 action line…” operata dal High Level Group on the Employment and Social Dimension of the Information Society (ESDIS), costituiti nell’ambito delle strutture dell’Unione Europea, non solo è del tutto generica, ma “…opera senza pregiudizio per gli altri schemi nazionali esistenti ovvero della possibilità di includere anche altri schemi di accreditamento…” (traduzione dall’inglese dell’ultimo paragrafo pag. 2 della predetta Recommendation: cfr. doc. n. 7 deposito sopra cit.). 
In Italia la ECDL è stata riconosciuta utile ad integrare alcuni crediti formativi ai fini degli esami di maturità e di quelli universitari e della formazione professionale, ed è stata oggetto di altre analoghe “convenzioni” con alcuni ministeri. 
Tuttavia, proprio perché si tratta di una metodica potenzialmente equivalente ad altri standard base (tra cui anche quella in possesso della ricorrente) per l’alfabetizzazione informatica, l’ECDL, difettando del carattere della unicità assoluta, non poteva essere assunta a parametro tecnico per una legittima deroga dalle regole europee poste a tutela della concorrenza, della libertà di iniziativa economica e del mercato.
Di qui l’illegittimità del procedimento impugnato anche sotto tale profilo.
   3.3. Infine deve essere accolto il terzo motivo aggiunto con cui si lamenta la violazione dell’art. 27 della L. 27 dicembre 2002 n. 289. Esattamente la ricorrente afferma che la predetta disposizione non poteva certamente significare che la formazione informatica dei sedicenni dovesse necessariamente essere effettuata utilizzando l’ECDL. 
In realtà la norma vuole consentire differenti possibilità quali quelle: 
-- di effettuare in outsourcing, totale o parziale, un’attività strettamente finalizzata alla realizzazione della missione istituzionale del Ministero concernente lo sviluppo della cultura informatica e di modernizzazione della società italiana;
-- di acquisire elementi conoscitivi dai diversi operatori del mercato;
-- di ricorrere a contributi a titolo gratuito (a titolo ad es. sponsorizzazioni);
-- di ricorrere, non ad uno solo, ma a più soggetti operanti sul mercato (lasciando ad esempio liberi i sedicenni di aderire all’una o all’altra delle diverse convenzioni).
L’art.27 della L. n.289 cit. non dà luogo ad un’ipotesi derogatoria al diritto comunitario della tutela della concorrenza per cui non poteva essere interpretata nel senso di consentire l’affidamento diretto, in assenza di un procedimento ad evidenza pubblica.
In caso contrario, la stessa avrebbe dovuto essere disapplicata perché manifestamente in contrasto con il Trattato e con le norme dell’Unione Europea.
Di qui l’illegittimità dell’interpretazione datane dall’Amministrazione nella convenzione impugnata laddove si afferma che l’art.27 della cit. L. n. 289 consentirebbe di avvalersi  “previa stipula di apposita convenzione, della collaborazione, a titolo oneroso, di soggetti da identificare per la loro competenza”(cfr. pag. 4).
Al contrario, nel caso in esame, la gara avrebbe dovuto selezionare sia lo standard (o anche  gli standard formativi) più idonei e sia il soggetto (o i soggetti) cui affidare la realizzazione dell’iniziativa.
   4.1.  In conclusione il ricorso, negli assorbenti profili esaminati, è fondato e deve essere accolto.
Per l’effetto devono essere annullati il D.M. 8.4.2003 e deve essere dichiarata l’inefficacia della Convenzione del 27.6.2002.
In considerazione della complessità connessa con la realizzazione dell’iniziativa, vanno tuttavia fatti salvi gli effetti già prodotti concernenti le istanze già presentate dai giovani beneficiari che hanno già aderito all’iniziativa acquistando la skill card alla data del 1.3.2004 di pubblicazione del dispositivo della presente decisione.
   4.2  Quanto alla definizione della domanda di risarcimento del danno sussistono i presupposti oggettivi di fondatezza della relativa pretesa quali in particolare:
-- la lesione, in termini di perdita di chance, della situazione giuridica soggettiva della ricorrente, connessa alla mancata partecipazione alla gara;
--  il danno alla sfera patrimoniale della ricorrente, direttamente conseguente alla lesione;
-- la colpa della P.A.,che ha fatto luogo ad un’attività in contrasto con cogenti norme di legge,
-- ed infine l’immediato nesso causale tra l’illegittimità dei provvedimenti della P.A. ed il pregiudizio subito dalla ricorrente.
Tuttavia la domanda va accolta nei limiti che seguono.
Per le prestazioni dedotte nella convenzione non ancora eseguite, la ricorrente è tutelata in forma reale dall’obbligo, derivante dalla presente decisione, a che venga effettuata la prescritta procedura di gara.   Per tale parte il risarcimento della perdita della chance è dunque assicurato in forma specifica, ed è direttamente connesso con la astratta possibilità della ricorrente di partecipare alla futura procedura ad evidenza pubblica. A tale titolo si deve quindi escludere il risarcimento per equivalente (Consiglio Stato, sez. VI, 8 maggio 2002, n. 2485).
Per la parte di “convenzione” già eseguita, il risarcimento connesso con la perdita di chance, non potrà che avvenire per equivalente. La definizione del "quantum" dovrà essere quantificata con la tecnica della determinazione dell'utile astrattamente conseguibile in caso di vittoria (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, n. 2485 cit. ) che si ritiene in via equitativa di poter fissare nel 15 %. dei valori dei corrispettivi fissati dall’art. 5 della convenzione.
Sulla base dei dati relativi allo stato di esecuzione del contratto dichiarato dalle resistenti, l’amministrazione dovrà quindi offrire alla Società ricorrente una cifra non inferiore alla somma di € 1.2 (15 % del prezzo per un singolo esame) cui sommare € 2,25 (15 % del prezzo delle skill cards) per un totale di € 3.45, che dovrà essere moltiplicata per il numero dei giovani (non inferiori a n. 3000), che risultano aver aderito all’iniziativa alla data del 1° marzo 2004.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate complessivamente in € 5.000,00 e poste a carico per la metà in solido dei Ministeri intimati, e per l’altra metà della AICA controinteressata.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio– Sez.III^-ter :
1) accoglie il ricorso n. 7209/2003 R.G. e per l’effetto annulla: il D.M. 8.4.2003 e dichiara inefficace la Convenzione del 27.6.2002, fatte salve le istanze già presentate dai giovani beneficiari come da motivazione;
2) condanna il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie al pagamento del risarcimento del danno secondo i criteri di cui in motivazione;
3) condanna le parti resistenti al pagamento delle spese processuali che sono liquidate per € 2.500,00 in solido a carico dei Ministeri intimati, e per € 2.500,00 a carico della AICA controinteressata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio– Sez.III^-ter, in Roma, nella Camera di Consiglio del 26 febbraio 2004.

IL  PRESIDENTE
dr. Francesco Corsaro

IL CONSIGLIERE-EST.
dr. Umberto Realfonzo

 


Autore: Romina Ridolfi


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