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La c.d. pubblicità informativa dell’avvocato (I parte)
La proposta di regolamento integrativo dell’art. 17 del codice deontologico forense approvata dalla Commissione deontologia del CNF il 14 dicembre 2001

La formulazione originaria dell’art. 17 del codice deontologico forense approvato dal Consiglio Nazionale Forense il 17 aprile 1997 prevedeva il divieto di pubblicità per gli avvocati, in linea con il tradizionale atteggiamento di chiusura dimostrato dall’ordinamento professionale italiano.

La norma stabiliva il divieto di qualsiasi pubblicità dell’attività professionale.
Erano d’altra parte consentite:
- l’indicazione nei rapporti coi terzi (carta da lettera, rubriche professionali e telefoniche, repertori, banche dati forensi, anche a diffusione internazionale) di propri particolari rami di attività;
- l’informazione agli assistiti e ai colleghi sull’organizzazione dell’ufficio e sull’attività professionale svolta;
- l’indicazione del nome di un avvocato defunto, che avesse fatto parte dello studio, purché il professionista a suo tempo lo avesse espressamente previsto o avesse disposto per testamento in tal senso, ovvero vi fosse il consenso unanime dei suoi eredi.
L’attività di informazione consentita doveva in ogni caso essere attuata in modo veritiero e nel rispetto dei doveri di dignità e decoro.

Fino alla recente modifica della norma sopra richiamata, intervenuta nel 1999, l’Italia era rimasta dunque uno dei pochi paesi europei a prevedere un divieto assoluto di pubblicità per gli avvocati.

La modifica dell’art. 17 del codice deontologico forense, attuata con delibera del CNF in data 16/10/1999, ha infatti eliminato, nei limiti che si vedranno, il divieto assoluto di pubblicità, consentendo all’avvocato di fornire “informazioni sull’esercizio professionale”.

Mentre la vecchia formulazione della norma permetteva al professionista di dare informazioni sulla propria attività ai soli colleghi e clienti – soggetti già sostanzialmente informati – oggi l’avvocato italiano ha dunque la possibilità di dare informazioni sulla propria attività professionale anche a potenziali clienti, secondo correttezza e verità, nel rispetto della dignità e del decoro della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza .

Secondo la disposizione in esame:
- con riguardo ai mezzi, l’informazione può essere data attraverso opuscoli, carta da lettera, rubriche professionali e telefoniche, repertori, reti telematiche, anche a diffusione internazionale;
- con riguardo ai contenuti, è consentita l’indicazione nei rapporti con i terzi di propri particolari rami di attività.

Si consente inoltre l’indicazione del nome di un avvocato defunto, che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a suo tempo lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per testamento in tal senso, ovvero vi sia consenso unanime dei suoi eredi.

La c.d. pubblicità informativa dell’avvocato deve pertanto concretizzarsi in un’attività finalizzata a fornire ai potenziali clienti informazioni corrette e veritiere sull’attività professionale, che siano utili nell’interesse di questi ultimi.

Con l’eliminazione del divieto di pubblicità, nei limiti sopra illustrati, si è posto quindi il problema di stabilire con esattezza i confini tra i comportamenti consentiti e quelli vietati, con riguardo anche alle disposizioni degli artt. 18 e 19 del codice deontologico .

L’art. 18, nel regolare i rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione, prevede che l’avvocato debba ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare dichiarazioni e interviste, sia per il rispetto dei doveri di discrezione e di riservatezza verso la parte assistita, sia per evitare atteggiamenti concorrenziali verso i colleghi; il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell’interesse dello stesso, può fornire notizie agli organi di informazione e di stampa, che non siano coperte dal segreto di indagine.

Costituisce in ogni caso violazione della regola deontologica perseguire fini pubblicitari, anche mediante contributi indiretti ad articoli di stampa; enfatizzare le proprie prestazioni o i propri successi; spendere il nome dei clienti; offrire servizi professionali; intrattenere rapporti con gli organi di informazione e di stampa al solo fine di pubblicità personale.

L’art. 19 (“Divieto di accaparramento di clientela”) stabilisce il divieto per l’avvocato di offrire prestazioni professionali a terzi e in genere ogni attività diretta all’acquisizione di rapporti di clientela, a mezzo di agenzie o procacciatori o altri mezzi illeciti. L’avvocato non può corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la presentazione di un cliente.

Costituisce in particolare infrazione disciplinare, secondo la disposizione, l’offerta di omaggi o di prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi.

Il divieto mira a colpire un fenomeno diverso dalla pubblicità in sé considerata. L’accaparramento di clientela si estrinseca nell’uso di mezzi scorretti, slegati da ogni riferimento alle proprie competenze professionali, al fine di acquisire incarichi e clientela.

Ne è un esempio l’offerta di prestazioni professionali alle vittime di incidenti, tramite distribuzione di biglietti da visita nelle corsie degli ospedali.

Il 14 dicembre 2001, la Commissione deontologia del CNF (presieduta dall’Avv. Remo Danovi) ha approvato il testo definitivo della proposta di regolamento integrativo del codice deontologico forense riguardante la pubblicità informativa degli avvocati.

Il Regolamento dovrà ora essere sottoposto all’approvazione del plenum del CNF.

Secondo la proposta, il testo dell’art. 17 del codice deontologico dovrebbe essere così modificato:

Articolo 17
Informazioni sull’esercizio professionale

È consentito all’avvocato dare informazioni sulla propria attività professionale, secondo correttezza e verità, nel rispetto della dignità e del decoro della professione e degli obblighi di segretezza e riservatezza.
I. L’informazione è data con l’osservanza delle disposizioni di cui al Regolamento allegato.

Occorre subito rilevare che l’art. 17, sia nella sua formulazione attuale che in quella proposta dalla Commissione deontologia del CNF, si riferisce alle sole “informazioni sull’esercizio professionale”.

Cosa ben diversa e deontologicamente lecita, fermo restando il rispetto dei principi generali, è la gestione da parte degli avvocati di siti web di informazione giuridica, la loro collaborazione a riviste giuridiche on-line o la partecipazione, ad esempio, a mailing list .

Il regolamento, che andrà a costituire pertanto parte integrante dell’art. 17, prevede quanto segue.

I) Mezzi di informazione

Devono ritenersi consentiti, ai sensi della proposta di regolamento:

· i mezzi ordinari, vale a dire carta da lettere, biglietti da visita e targhe
· le brochures informative – opuscoli, circolari – inviate anche a mezzo posta. Si esclude tuttavia la possibilità di proporre questionari o di consentire risposte prepagate

Nel rispetto degli imprescindibili principi generali di cui all’art. 17, la proposta di regolamento consente dunque l’invio di brochure informative, anche per posta, ai potenziali clienti. Mezzo che d’altra parte deve ritenersi contemplato anche dall’attuale, seppur vaga, formulazione della norma.

Quel che il regolamento si preoccupa di vietare è invece, a parere di chi scrive, un uso distorto di questo strumento informativo. Come si vedrà, infatti, è proibita la distribuzione di opuscoli o carta da lettere o volantini a soggetti indeterminati, nelle cassette delle poste (da intendersi: in maniera indiscriminata) o attraverso depositi in luoghi pubblici o distribuzione in locali, o sotto i parabrezza delle auto, o negli ospedali, nelle carceri e simili, attraverso cartelloni pubblicitari, testimonial e così via

Vale la pena infine rilevare sin d’ora che il Consiglio dell’Ordine di Milano, chiamato a pronunciarsi sulla liceità delle consulenze on-line fornite dagli avvocati, tra gli argomenti a sostegno della conclusione affermativa ha portato proprio quello dell’assimilabilità delle consulenze via Internet all’invio di brochure informative a potenziali clienti, che ha ritenuto certamente lecito – nel rispetto dei generali principi di cui all’art. 17 – posto che le brochure “non sono altro che una vera e propria dichiarazione di disponibilità (e di volontà) del collega, che le invia, a essere contattato dai nuovi clienti, per offrire loro la propria consulenza”. L’argomento delle consulenze on-line verrà approfondito nel prosieguo.

· gli annuari professionali, le rubriche, i repertori e i bollettini con informazioni giuridiche (ad esempio con l’aggiornamento delle leggi e della giurisprudenza)
· i rapporti con la stampa, nei limiti di quanto stabilito dall’art. 18 del codice deontologico forense sopra illustrato
· i siti web e le reti telematiche (Internet), purché detti siti siano propri dell’avvocato o di studi legali associati o di società di avvocati, nei limiti dell’informazione e previa segnalazione al Consiglio dell’Ordine. Con riferimento ai siti già esistenti l’avvocato è tenuto, secondo la proposta, a procedere alla loro segnalazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza entro 120 giorni dalla data di approvazione del regolamento.

Devono ritenersi vietati tutti i mezzi non espressamente consentiti. A titolo esemplificativo si vietano:

· i mezzi televisivi e radiofonici
· i giornali – quotidiani e periodici – e gli annunci pubblicitari in genere
· i mezzi di divulgazione anomali: distribuzione di opuscoli o carta da lettere o volantini a soggetti indeterminati, nelle cassette delle poste o attraverso depositi in luoghi pubblici o distribuzione in locali, o sotto i parabrezza delle auto, o negli ospedali, nelle carceri e simili, attraverso cartelloni pubblicitari, testimonial e così via
· le sponsorizzazioni
· le telefonate di presentazione e le visite a domicilio non specificatamente richieste
· l’utilizzazione di Internet per offerta di servizi e consulenze gratuite, in proprio o su siti di terzi

Devono ritenersi consentiti se previamente approvati dal Consiglio dell’Ordine, in relazione alla modalità e finalità previste:

· i seminari e i convegni organizzati direttamente dagli studi professionali. (continua...)

Autore: Giuseppe Briganti
Leggi anche:
La c.d. pubblicità informativa dell’avvocato (II parte)


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