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Indagine alla luce delle recenti norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia: La violenza sessuale (II parte)
Una delle maggiori innovazioni che ha introdotto la riforma codicistica è sicuramente l'introduzione di un unico delitto di violenza sessuale (art. 609 bis c.p.). Questa disposizione nasce sulla passata abrogazione dei delitti di violenza carnale (art. 519 c.p.), atti di libidine violenti (art. 521 c.p.) e di congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale (art. 520 c.p.).
La nuova norma costituisce, come già detto, una delle maggiori innovazioni per il semplice fatto che non richiede più la distinzione tra gli atti di maggiore gravità, puniti con l'incriminazione di violenza carnale, e quelli di minore gravità, puniti con l'incriminazione di atti di libidine violenta. Inoltre così facendo si è reso meno gravosa e sofferente l'attività processuale per la vittima degli abusi. Inoltre, terzo aspetto interessante, è così venuta meno la spesso assai difficile distinzione tra le due fattispecie delittuose.
Tuttavia la nuova norma non ha pienamente soddisfatto perché non è riuscita a colmare alcune lagune già esistenti in passato. In tanto è comunque necessario, in fase processuale, l'analisi dettagliata dei fatti per la commisurazione della pena ex art. 133 c.p. e per l'obbligo (censurabile in Cassazione) della motivazione della sentenza. Risulta quindi essere estremamente sacrificante e sofferente per la vittima affrontare un procedimento penale che rimane, nella sostanza, improntato sul vecchio sistema dell'analisi della vicenda delittuosa. Prima dovuto per la distinzione tra le due forme di reato, oggi necessario per la commisurazione della pena da infliggere.
Il legislatore del 1996 ha concentrato tutta la sua attenzione sul fondamentale concetto di "atti sessuali", su cui poi si è incentrata tutta la legislazione successiva.
Dal raffronto dell'art. 609 bis c.p. con gli artt. 519 c.p., 520 c.p. e 521 c.p. sembra potere trarre quattro diversi indirizzi interpretativi. Secondo una prima opinione sembrerebbe che atto sessuale possa assumere un valore molto più ampio di quello di violenza carnale ed agli atti di libidine dal momento che rientrerebbero tutti gli atti aventi significato erotico anche solo nella dimensione soggettiva dei rapporti soggetto attivo/soggetto passivo. La seconda opinione si basa sul concetto che il legislatore del 1996 non ha ampliato in alcun modo l'ambito di applicazione della normativa precedente ma ha voluto soltanto dare una definizione diversa, nella forma ma non nella sostanza, agli atti di libidine precedentemente considerati. Una terza ipotesi è quella che il nuovo concetto di atti sessuali è molto più ristretta degli atti di libidine. In fine la quarta teoria riguarda coloro che ritengono assolutamente violato, con la nuova disciplina, il principio di tassatività. Tuttavia il giudice da cui è stata sollevata l'illegittimità costituzionale sembra ritenere equivalenti il principio di tassatività, cioè il divieto di un interpretazione analogica della norma penale, con quello della determinatezza, cioè l'esigenza che il legislatore disciplini una fattispecie criminosa quanto più possibile dettagliata e precisa. In questo caso il giudice a quo sembra però essere troppo ottimista sulla dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 609 bis c.p. basandosi sulla scia di quanto avvenuto per il delitto di plagio, di cui all'art.603 c.p., già abrogato ben diciotto anni fa, cioè quando la giurisprudenza costituzionale aveva ben altri modi di interpretare la legislazione, soprattutto considerando l'alto tasso di mutevolezza di cui gode la materia oggetto di questo studio.
Tuttavia in mancanza di una esplicita definizione normativa del concetto di atti sessuali non ci rimane che considerare la volontà del legislatore come espressione equivalente di congiunzione carnale e di atti di libidine, precedentemente abrogati, lasciando così fuori dalla nuova disciplina tutte le condotte non rientranti in una delle due categorie.
Tuttavia è auspicabile un intervento tempestivo e quanto più celere possibile della Corte Costituzionale per dare certezza e chiarezza alla materia e soprattutto per eliminare le diverse teorie ad un materia che invece, data la rilevanza pratica, necessita di maggiore trasparenza applicativa.
La particolare impronta di severità che si è voluta dare con la legislazione del 1996 è confermata dall'introduzione di alcune aggravanti speciali. L'art. 609 ter c.p. eleva la pena applicabile stabilendo la reclusione da sei a dodici anni, per le prime quattro aggravanti, mentre l'ultima addirittura da sette a quattordici anni. Occorre i fatti distinguere, in relazione alle fasce di età: rapporti sessuali con persone che non hanno ancora compiuto dieci anni di età, per cui la pena stabilita è quella che oscilla tra i sette ed i quattordici anni di reclusione; rapporti sessuali con persona che non ha ancora compiuto quattordici anni, per cui la reclusione prevista oscilla dai sei ai dodici anni; rapporti sessuali con persona che non ha ancora compiuto sedici anni di età, della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore, per cui la pena applicabile oscilla dai sei ai dodici anni. Il n.2 dell'art. 609 ter c.p. prevede invece una novità assolta in materia. È stata infatti inserita l'aggravante dell'utilizzo di alcool, armi, sostanze stupefacenti o narcotiche o di altri strumenti o sostanze gravemente lesive della salute della persona offesa. Il n.3 invece punisce la simulazione della qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. In fine il n.4 punisce l'attività sessuale svolta su persona sottoposta a limitazione della libertà personale.
L'art. 609 quater c.p. contiene una complessa norma in materia di rapporti sessuali con minore consenziente non comportando particolari innovazioni rispetto alla precedente normativa. Anche in questo caso bisogna distinguere l'illecito in relazione alle fasce di età della vittima. L'atto sessuale compiuto nei confronti della persona che non ha ancora compiuto dieci anni di età è sanzionata con la reclusione da sette a quattordici anni; l'atto sessuale compiuto nei confronti della persona che non ha ancora compiuto quattordici anni di età è sanzionata con la reclusione da cinque a dieci anni; l'atto sessuale compiuto nei confronti della persona che non ha ancora compiuto i sedici anni di età della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore, ovvero qualsiasi altra persona cui, per ragione di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia con quest'ultimo una relazione di convivenza, è sanzionato con la reclusione da cinque a dieci anni. Nei casi di minore gravità, comunque, la pena è diminuita sino a due terzi.
La nuova norma detta invece una significante novità per quanto concerne i rapporti sessuali tra minori consenzienti. Il comma 2 dell'art. 609 quater c.p. dispone la non imputabilità del minorenne che compi atti sessuali con altro minorenne che abbia compiuto tredici anni di età, sempre che la differenza d età tra i due non sia superiore a tre anni. Essendo questa stata definita come causa di non punibilità, ne discende che non può essere estesa ad eventuali concorrenti che non rientrino nelle fasce di età prescritte dalla norma.
Nonostante sia stata inserita nella legge del 1998, la nuova disciplina degli atti compiuti con minori in cambio di denaro o altra utilità economica trova un naturale collegamento con la disciplina della violenza sessuale del 1996. Si tratta infatti di una ipotesi di violenza sessuale qualificata dalla compravendita della prestazione. L'art. 600 bis c.p. punisce tutti coloro che alimentano la prostituzione minorile sfruttando persone, con età compresa tra i quattordici ed i sedici anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica , punendo con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a lire dieci milioni. Per l'applicazione di tale norma non è necessario un comportamento abituale ma basta che la condotta sia stata effettuata episodicamente. Inoltre non è necessario che il minore sia destinatario del denaro o di altra utilità e neppure che l'iniziativa parta dal cliente. Ove il delitto sia negativamente qualificato da violenza, minaccia o abuso di autorità, rileverà invece il delitto di cui all'art. 609 bis c.p. o, se ricorrono gli estremi, l'aggravante speciale di cui al n.5 del comma 1 dell'art. 609 ter c.p.
Con la riforma del 1996 il legislatore ha voluto introdurre anche un'apposita fattispecie di reato che costituisce apposita incriminazione proprio per la gravità e per gli effetti devastanti sulla vittima. L'art. 609 octies c.p. prevede infatti la violenza sessuale di gruppo che fino al 1996 era invece disciplinato dalle norme sul concorso di persone in relazione agli ormai abrogati artt. 519 c.p., 520 c.p. e 521 c.p. dunque l'agire in gruppo non era precedentemente irrilevante, ma l'attuale disciplina impone invece una sanzione specifica nella misura in cui non costituisce più concorso di persone ma fattispecie di reato autonoma. Dato quindi la rilevanza estremamente negativa che il legislatore ha attribuito a questa forma di violenza, si può perfettamente comprendere il perché è stata innalzata anche la sanzione, elevando la pena stabilita per la violenza sessuale, corrispondente alla reclusione da cinque a dieci anni, a quella stabilita per la violenza sessuale di gruppo, corrispondente alla reclusione da sei a dodici anni. Inoltre la scelta del legislatore di volere escludere l'attenuante del fatto di minore gravità ha creato diversi problemi per cui è lecito, oggi, dubitare di un'eventuale violazione dell'art. 3, comma 1, della Costituzione. Infine rimane da stabilire quanti debbano essere i soggetti agenti per configurarsi il reato di violenza sessuale di gruppo. In giurisprudenza si è giunti a stabilire che bastano anche due soli soggetti per rientrare nel campo applicativo dell'art. 609 octies c.p. Tuttavia non è trascurabile il fatto che il legislatore abbia parlato di gruppo, per cui la sola partecipazione di due soggetti lascia parecchie perplessità in merito alla configurabilità di tale reato. Non rimane dunque, ancora una volta, che attendere un intervento legislativo o, comunque in tale attesa, un intervento chiarificatore della Corte Costituzionale.
La nuova disciplina sulla violenza sessuale del 196 oltre che integrare e modificare la precedente normativa ha anche effettuato delle potature. Infatti dalla comparazione tra il codice penale del 1930 e quello del 1996 appare evidentemente abrogata il delitto di ratto, disciplinato prima agli artt. 522 c.p., 523 c.p., 524 c.p. e 525 c.p., il delitto di seduzione con promessa di matrimonio commessa da persona coniugata, disciplinato prima dall'art. 526 c.p. Questa scelta legislativa è giustificata sia da una evoluzione sociale che ha consentito il venir meno di tali fattispecie di reato e sia dalla residuale sopravvivenza di altri delitti che operano ed all'interno dei quali possono rientrare i precedenti reati oggi abrogati. Tra questi basti citare i reati di sequestro di persona (art. 605 c.p.), di sottrazione di persone incapaci (art. 574 c.p.) e di truffa (art. 640 c.p.).

LA TUTELA DELLA RISERVATEZZA E DELLA DISCREZIONE SESSULE

Poiché lo studio della normativa in materia di violenza sessuale fin qui esaminato non ci consente di verificare se le molestie sessuali sono inquadrate come atti leciti rimane adesso da stabilire se rientrano nel capo di applicazione di altre incriminazioni.
In effetti le molestie sessuali non costituiscono un autonomo e specifico reato. Occorre quindi studiare i comportamenti molesti rivestendoli, però, di significato sessuale. Non è certo questa la soluzione migliore ma è l'unica che il legislatore ha lasciato attuabile.
Non possiamo quindi che iniziare lo studio della materia dall'art. 660 c.p.. per il reato di molestia o disturbo alle persone, chiunque in luogo pubblico aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda sino ad un milione. Ad una prima analisi si può benissimo dedurre che: la condotta è delineata in modo così ampio che le condotte sessualmente rilevanti vi possono benissimo rientrare; il motivo sessuale ben colora la condotta di petulanza o di altro biasimevole motivo; l'utilizzo del telefono è una delle più note forme di molestia sessuale. Tuttavia bisogna sottolineare ben due importanti limiti che la norma contenuta nell'art. 660 c.p. contiene: bisogna che le molestie vengano effettuate in pubblico o in luogo aperto al pubblico o con il mezzo del telefono; inoltre si è in presenza di una contravvenzione per cui è prevista anche una pena alternativa. In ordine al primo caso, ad esempio, un bacio non integrerebbe il reato di molestia perché effettuato in luogo privato. Inoltre sembra molto strano come mai il legislatore abbia preferito far rientrare la norma in esame tra le contravvenzioni nonostante la rigida e severa disciplina della violenza sessuale.
Analizzando il codice penale potrebbero trovarsi alcune soluzioni alle limitazioni spaziali poste dal legislatore all'art. 660 c.p. Tra queste sicuramente in aiuto viene l'art. 594 c.p. che, disciplinando il delitto di ingiuria, non soffre della limitazione spaziale dell'art. 660 c.p. ed è un reato a forma libera.
Altra riflessione è rivolta a tutti quei comportamenti che si concretizzano nel compimento di atti osceni o contrari alla pubblica decenza. Diverse espressioni giurisprudenziali hanno stabilito che l'esposizione di organi genitali in luogo pubblico dinanzi ad una persona rientrerebbe nell'ambito di applicazione dell'art. 609 bis c.p. Tuttavia dato appunto il significato estremamente generico di violenza sessuale, appare più appropriato prendere anche in esame l'art. 527 c.p., disciplinante il reato di atti osceni, e l'art. 726 c.p., disciplinante il reato di atti contrari alla pubblica decenza. Anche però in questi casi, la materia della sessualità non trova un'ampia e completa disciplina. Infatti entrambi gli ultimi due reati hanno conservato forti limitazioni in ambito applicativo nel momento in cui puniscono soltanto alcuni tipi di condotte riconducibili alle molestie sessuali. Inoltre anche queste due norme fanno riferimento al luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico. Quindi possono farsi valere le stesse limitazioni spaziali prima esaminate per l'art. 660 c.p.
Continuando l'esame della materia, appare inevitabile il confronto tra l'art. 609 bis c.p., disciplinante la violenza sessuale, con l'art. 610 c.p., disciplinante il reato di violenza privata. Per tale articolo, infatti, chiunque con violenza o minaccia, costringe altri a fare , tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.
Tra le altre condotte al limite tra molestie sessuali e repressione penale, possono considerarsi i comportamenti del molestatore che illecitamente entra nell'altrui sfera di intimità. A tal proposito rileva il delitto di cui all'art. 615 bis c.p. disciplinante, appunto, interferenze illecite nella vita privata. Tuttavia è nota la limitazione della norma che si riferisce a strumenti di ripresa audio/video, per cui ci si chiede se possa applicarsi la norma anche per i casi in cui non si fissano suoni o immagini. Inoltre non rientrano nella norma neppure pedinamenti, appostamenti e condotte similari. Infine anche in questo caso sono presenti forti limitazioni spaziali data la rilevanza dell'art. 615 bis c.p. solo ed esclusivamente nei luoghi indicati nell'art. 614 c.p.
Altra condotta illecita che il legislatore del 1996 ha novellato è quella contenuta nell'art. 609 quinquies c.p. e prima disciplinata, invece, dall'art. 530 c.p., oggi abrogato dalla stessa legge 66/96. Si tratta di tutti i casi in cui si puniscono forme di esibizione sessuale con minori di anni quattordici presenti. In tal caso si può dire che prende vita persino una forma anomala di abuso sessuale. Le differenze tra la vecchia normativa, quella dell'art. 530 c.p., e quella nuova, art. 609 quinquies c.p., è evidente. In primo luogo non si parla più di atti di libidine ma di atti sessuali, evidentemente nozione molto più ampia che comprende anche quella di atti di libidine. In secondo luogo mentre in passa la soglia di tutela era fissata a sedici anni di età, oggi è stata abbassata a quattordici. Una terza innovazione è quella dell'introduzione del dolo specifico rispetto al precedente dolo generico. Viceversa la pena è rimasta invariata rispetto a quella del passato: da sei mesi a tre anni di reclusione. Tuttavia, anche in questo caso, è da registrarsi un'anomala leggerezza della sanzione applicabile considerato l'inasprimento quasi totale apportato alla materia dalla riforma del 1996. Si è invece voluto rafforzare la tutela penale con la procedibilità d'ufficio, prevista dall'art. 609 septies c.p., anche qui in controtendenza con la restante parte della riforma che ha invece conservato la procedibilità a querela di parte. Un altro problema è rimasto quello della differenza di trattamento nei rapporti sessuali tra minorenni, considerati leciti nelle forme e nei limiti stabiliti dall'art. 609 quater c.p., e l'illiceità, invece, del rapporto sessuale di un minorenne alla sola presenza di altro minorenne.
Ma il delitto di corruzione di minorenne non esaurisce la fascia di condotte penalmente illecite proprie di comportamenti esibizionistici. In primo luogo perché il delitto di cui all'art. 609 qinquies c.p. ha come soggetto passivo soltanto il minore di anni quattordici; in secondo luogo perché prevede la finalità ulteriore del farlo assistere ed in fine perché richiede il compimento di atti sessuali.
L'art. 528 c.p. disciplina tutti quei casi di pubblicazione e di esecuzione di spettacoli osceni con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila. In relazione con la materia è da citare anche l'art. 725 c.p. che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a lire unmilioneduecentomila per tutti quei casi in cui vengano commercializzati scritti, disegni o altri oggetti contrari alla pubblica decenza. Inoltre bisogna anche ricordare l'art. 1 della legge 12 dicembre 1960, n. 1591, il quale sanziona la fabbricazione, l'introduzione, l'affissione e l'esposizione al pubblico di manifesti, immagini ed oggetti, destinati alla pubblicità, che offendano il pudore o la pubblica decenza. Inoltre è da ricordare l'articolo unico della legge 17 luglio 1975, n.335 che prevede, al comma 3, la non punibilità degli edicolanti e dei rivenditori di riviste purché non espongano al pubblico parti palesemente oscene delle pubblicazioni o non le vendano a minori di anni sedici. In ultimo bisogna ricordare l'art. 30, comma 1, della legge 6 agosto 1990, n.223, il quale dichiara che nel caso di trasmissioni radiofoniche o televisive che abbiano carattere di oscenità, la persona delegata al controllo della trasmissione sia punita con le pene previste dall'art. 528 c.p.
Un'altra ipotesi di offesa alla sfera della riservatezza e della discrezione sessuale è quella che attiene alla prostituzione disciplinata dalla legge n. 75 del 1958. Nel nostro ordinamento l'attività di prostituzione di soggetti adulti è penalmente lecita, mentre sono assolutamente puniti tutti i comportamenti di contorno. Tuttavia la prostituzione, seppur consentita, può degenerare in reati qualora in luogo privato o pubblico si inviti al libertinaggio in modo scandaloso o molesto ovvero quando si seguano le persone per via invitandole con atti o parole al libertinaggio. La legislazione in materia di prostituzione, molto delicata, non si presenta particolarmente severa. La contravvenzione prevede, infatti, l'arresto fino ad otto giorni ed una irrisoria ammenda. Inoltre le persone colte in contravvenzione qualora siano in possesso di documento di riconoscimento non possono essere accompagnate presso l'ufficio di pubblica sicurezza. Nel caso, invece, in cui vengano accompagnate non possono essere sottoposte a visita sanitaria e non possono subire nessuna forma di registrazione, compresa quella mediante rilascio di tessera sanitaria.
L'art. 564 c.p. disciplina il caso del delitto di incesto. In questo caso similitudine appare esserci con l'osceno nella misura in cui torna la presenza del pubblico scandalo; di contro però sussistono indubbi collegamenti con il delitto di violenza sessuale. La differenza con quest'ultimo reato è sicuramente la mancanza di violenza e la predeterminazione dei soggetti attivi. Tuttavia il nostro legislatore ha voluto fortemente caratterizzare il delitto di incesto come fatto scandaloso e per ciò punito. Il delitto si consuma esclusivamente con il verificarsi, quindi, del pubblico scandalo. La ratio della norma non è tutelare il soggetto singolo vittima del delitto o, peggio ancora, il minore ma l'intera famiglia, intesa come istituto fondamentale e punto di riferimento della società.





Tratta dalla monografia: La tutela penale della sfera sessuale, indagine alla luce delle recenti norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia
 

Autore: Fabio Sammartano
Leggi anche:
Indagine alla luce delle recenti norme contro la violenza sessuale e contro la pedofilia: Lo sfruttamento sessuale del minore (III parte)


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