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Legge 192 del 18 giugno 1998: riflessioni sulla tutela del Committente.

Lo stringato riferimento che nella normativa di cui trattasi il Legislatore opera a favore della tutela del committente nell’art. 7 della Legge 192/1998, apre in realtà un vasto scenario di riflessioni ed analisi che qui di seguito si cercherà sinteticamente di prospettare.

L’articolo 7 della legge 18 giugno 1998 n.192, sancisce : “Il committente conserva la proprietà industriale in ordine ai progetti e alle prescrizioni di carattere tecnico da lui comunicati al fornitore e sopporta i rischi ad essi relativi.

Il fornitore è tenuto alla riservatezza e risponde della corretta esecuzione di quanto richiesto, sopportando i relativi rischi.”

A titolo di premessa possiamo notare che questa norma parla di “fornitore” invece che di “subfornitore”. In assenza di elementi che permettano di dedurre la volontà del legislatore di attribuire alla norma un ambito di applicazione più esteso del contratto di subfornitura, e considerando che nella prassi è usuale utilizzare il termine fornitore come sinonimo di subfornitore, assumeremo che si tratti di una semplice disattenzione del legislatore e che si debba quindi leggere “subfornitore” al posto di “fornitore”. [1]

La tutela della proprietà industriale e l’art.7 legge n.192/98.

La mutevolezza dei prodotti, dei sistemi produttivi, delle stesse strutture dei mercati, provocata dalla costante crescita del contenuto tecnologico dei beni, più che mai in ambito di subfornitura richiede una tutela della proprietà industriale nuova e adattabile alle varie esigenze.

L’articolo 7 della legge 18 giugno 1998, n.192, nel contrato di subfornitura è la risposta del legislatore alla necessità di disciplinare le informazioni tecnologiche necessarie al subfornitore per realizzare la produzione industriale.

In effetti, e come vedremo organicamente in seguito, il titolare del diritto di “proprietà industriale” deve essere sempre riconosciuto creatore del bene e titolare del suo sfruttamento in termini economici. [2]

Ci troviamo di fronte ad un diritto di esclusiva che, nel campo del brevetto, copre il procedimento in senso lato (conoscenze tecniche, tecniche produttive).

Nel contratto di subfornitura, il legislatore vuole tutelare tutte quelle conoscenze e procedure che per forza di cose il soggetto committente concede al subfornitore per ottenere il risultato voluto.

Come osserva la migliore dottrina, nel sistema giuridico vigente la tutela in questione è attuata attraverso vari rimedi : sono innanzi tutto previste sanzioni per i comportamenti contrari alla buona fede ed alla correttezza professionale nei rapporti commerciali. Inoltre, per assicurare una più ampia ed efficace tutela, nel capitolato dei contratti di subfornitura il “protocollo d’intesa” tra committente e subfornitore chiarisce gli obblighi e gli oneri specifici (ultra legem) tra le parti prevedendo in genere sanzioni economiche, nonché il ricorso ad arbitrati extragiudiziali in deroga alla giustizia ordinaria.

Oltretutto, in alcuni casi sono i tecnici del committente, e non del subfornitore, a sovraintendere ad alcune fasi di lavorazione che si svolgono presso lo stesso subfornitore.

In questa realtà articolata si inserisce l’articolo 7 che è volto a realizzare una tutela che può considerarsi parallela a quella propria del brevetto, ma che ha evidentemente avuto ragioni proprie e propria portata innovativa.

Il committente, in effetti, assorbendo l’attività del subfornitore nel proprio ciclo attua un decentramento produttivo della propria impresa per intuibili ragioni di economicità delle fasi lavorative.

Sarebbe però non legittimo sanzionare la riduzione dei costi con la minore tutelabilità dei progetti esecutivi, delle conoscenze tecniche e tecnologiche.

In pratica, il subfornitore deve necessariamente essere edotto intorno ai progetti, e conoscenze tecnologiche del committente, ma poterli sfruttare solo nella produzione del bene o componente commissionatogli.

Tale realtà si colloca, oltre che nell’area brevettuale, in quella più ampia riferibile al segreto industriale, che ha una sua tutela ex lege e che normalmente dà vita a vari protocolli di lavorazione industriale tra le parti, protocolli nei quali si prevedono i diritti-doveri del committente e del subfornitore.

In effetti, come osservato in dottrina, l’articolo 7 della legge 18 giugno 1998, n.192, può essere “svincolato da una lettura in chiave di tutela esclusiva derivante da brevetto”, e svolgere così “una funzione dispositiva differente, in via autonoma rispetto alla normativa sulle invenzioni”.  [3]

Del resto, diversamente, l’articolo 7 perderebbe la sua incisività e sarebbe privo di quella portata innovativa che già i primi commentatori della legge gli riconobbero e che era l’intento del legislatore, come confermano i lavori preparatori.

Oltretutto, una tale interpretazione della portata della norma de quo si inserisce nella tendenza, in primo luogo dell’ordinamento comunitario, ad ampliare la portata della tutela unitamente alla rapidità dello sviluppo tecnico e tecnologico in atto, e consente di inquadrarla tra quelle disposizioni che disciplinano il c.d. segreto industriale.

La tutela del segreto industriale

Il segreto industriale riguarda generalmente il complesso di conoscenze tecniche e di progetti di un’impresa e, come tale, deve considerarsi un valore per l’imprenditore.

Coloro che agiscono come subfornitori devono mantenere il segreto sulle conoscenze tecniche e sui progetti propri del ciclo produttivo.

Esistono, in altre parole, una serie di conoscenze non brevettabili, ma che, pur essendo estranee all’area oggettiva e/o soggettiva del brevetto, sono meritevoli di tutela e devono rimanere segrete in quanto costituenti un preciso valore economico.

Altre volte il segreto investe conoscenze di per sé brevettabili, ma che l’imprenditore preferisce tenere segrete per non doverle condividere alla fine del periodo di tutela offerta dal brevetto.

In ogni caso, il subfornitore deve mantenere il segreto sulle conoscenze tecniche e sui progetti propri del ciclo produttivo del committente.

In altre parole, il subfornitore, pur fruendo necessariamente delle direttive, del know-how, delle conoscenze e dei progetti del committente deve rispettarne il diritto riconducibile al c.d. monopolio tecnico in cui, di fatto, viene a trovarsi l’imprenditore committente.

Quest’ultimo, in effetti, può essere attratto dall’idea di utilizzare in segreto la propria innovazione tecnologica, in quanto tale utilizzo lo avvantaggerebbe ai fini concorrenziali del mercato, oltretutto senza limiti temporali.

D’altro canto, una tale scelta lo esporrebbe ad un duplice rischio: da una parte che il segreto venga svelato, dall’altra che altri faccia propria la scoperta tecnologica.

La tutela del segreto deve quindi garantire la piena realizzazione dell’interesse dell’imprenditore a veder mantenuta quella posizione di forza sul mercato, che gli deriva dalle proprie innovazioni tecnologiche anche non brevettabili.

Nella subfornitura, in particolare, l’imprenditore che acquisisce ed elabora particolari condizioni tecniche ha comunque diritto ad una tutela la quale non ha i caratteri assoluti del brevetto, ma le caratteristiche della “relatività”, nel senso che non ha valore erga omnes, bensì solo nei confronti di coloro che, in conseguenza del contratto di subfornitura, sono venuti a conoscenza di tali condizioni tecniche.

Il contratto di subfornitura può comportare la comunicazione del know how del committente al fornitore,di conseguenza è necessario adottare delle  cautele finalizzate a garantire che conoscenze oggetto del know how non vengano divulgate dal fornitore.

In tal senso l'art. 7 prevede che la comunicazione di tali conoscenze non comporti la perdita dei diritti di privativa industriale posseduti dal commitente sulle stesse in quanto il subfornitore dovrà utilizzare tali informazioni unicamente per potre adempiere agli obblighi contrattuali assunti.. Inoltre, alla cessazione del rapporto di lavoro, cioè una volta realizzato il prodotto commissionato, il subfornitore dovrà cessare l'uso di tali conoscenze. In tal senso è previsto dall'art. 7 un obbligo di riservatezza a carico del subfornitore avente per oggetto il contenuto delle informazioni assunte e utilizzate nell'esecuzione delcontratto. Tale vincolo di segretezza,considerato dalla dottrina  come un elemento naurale del negozio, opera automaticamente e prescinde da qualsiasi ulteriore accordo di segretezza stipulato con il committente.

Dall’altra parte, alla tutela del segreto nei rapporti di subfornitura si affianca la generale tutela riconosciuta nel sistema giuridico vigente da una pluralità di disposizioni.

L’articolo 7 della legge 18 giugno 1998, n.192, offre due forme di tutela:

a)     con la prima si assicura al committente l’esclusivo beneficio dell’uso del progetto e delle norme tecniche;

b)     con la seconda si tende ad impedire la diffusione sul mercato delle informazioni ricevute dal committente e/o recepite dalla lavorazione affidatagli.

L’articolo 7 e il principio generale di buona fede creano un sistema che tutela il committente le cui conoscenze tecniche devono essere recepite dal subfornitore per portare a termine il suo incarico ( a tal proposito va precisato come parte della dottrina ritiene che sia escluso dalla tutela il know how commerciale in quanto si parla delle sole conoscenze tecniche o tecnologiche del committente e così Franchini Stufler pag. 397di Studi sull'evoluzione economica e giuridica del know how e della sua tutela in Riv. Dir. Industraile, II, 205).

E’ evidente che il committente deve avere la piena titolarità dei diritti di proprietà industriale sulle informazioni tecniche trasmesse al subfornitore, poiché se il progetto è stato elaborato dal subfornitore (o in collaborazione con il subfornitore) sarà quest’ultimo a poter vantare eventualmente un diritto –sia pure parziale-  di proprietà industriale.

Così, ancora, il committente potrà vantare diritti solo riguardo a profili tecnici tutelabili sotto il profilo brevettuale o come know-how segreto e non su conoscenze tecniche banali o di dominio pubblico.

La fattispecie: il “progetto” e le “prescrizioni tecniche”.

L’articolo 7 della legge 192/98, riguarda due fattispecie che meritano tutela nella subfornitura, la prima maggiormente mirata ai progetti e l’altra che si rivolge alle prescrizioni tecniche.

E’ evidente che tale binomio non esclude una interpretazione estensiva richiesta dalle concrete vicende proprie del rapporto di subfornitura.

Basti pensare, ad esempio, alla originalità del design ed all’importanza economica della griffe in senso lato, ad esempio nel campo della moda; oppure al design industriale come essenza del bene industriale (es. l’autovettura).

Deve poi osservarsi che nel rapporto di subfornitura il progetto tende ad indicare al subfornitore tutti quei procedimenti di carattere tecnico-scientifico tendenti a rendere realizzabile la produzione industriale commissionatagli.

L’articolo 7 L.192/98, investe quindi, in tema di subfornitura, tutti i meccanismi procedurali tendenti alla produzione, poiché deve essere inteso a realizzare le lavorazioni oggetto del contratto di subfornitura.

Solo la possibilità di intendere il termine “progetto” in senso atecnico permette d’altronde di completare i valori tecnici con quelli estetici, così importanti in molti settori industriali.

Il legislatore anche nell’ individuare l’altra fattispecie della norma è, non a caso, generico allorquando adotta il termine “prescrizioni a carattere tecnico”.

Basta infatti pensare al termine anglosassone know-how, per comprendere che il legislatore, quando vuole intervenire nella realtà commerciale-industriale, deve necessariamente ricercare sempre il giusto equilibrio tra rigidità della norma e variabilità della realtà economica.

In altre parole la flessibilità della norma, un linguaggio che permetta di adeguare il contenuto ai tempi e alle esigenze, la possibilità offerta alle parti di “completare” la disciplina legale in base alle loro particolari esigenze, fanno sì che una legge sopravviva a lungo e disciplini in ogni momento della sua vita la realtà in modo appropriato. Ed è quello che fa la L.192/98.

In particolare, l’articolo 7 evidenzia un percorso, dettando delle coordinate interpretative e dando per scontata l’ampiezza e la mutevolezza del concetto di “prescrizione di carattere tecnico”.

La necessità che il progetto finale presenti tutti i requisiti derivanti dalla precisa applicazione della tecnologia richiede che il committente sia il dominus della ricerca, mentre il subfornitore deve padroneggiare la lavorazione materiale del prodotto o del componente.

I dati, quindi, devono passare, in base al disposto dell’articolo 7, dal commiittente al subfornitore, mantenendo l’uno e l’altro autonomi obblighi, diritti e responsabilità.

Il marchio e l’art.7 L. n.192/98.

Nel discorso sul rapporto di subfornitura così come disciplinato e previsto dall’articolo 7 della legge 18 giugno 1998, n.192, si possono inserire anche alcune considerazioni sull’apposizione del marchio nel corso dell’esecuzione del contratto di subfornitura.

In pratica, il marchio proprio del committente può essere usato da quest’ultimo come segno distintivo del suo prodotto e può essere trasferito legittimamente al subfornitore, con accordo specifico, per essere usato a compimento del ciclo produttivo.

E’ di tutta evidenza come la delicatezza del problema faccia sì che il trasferimento del marchio venga disciplinato da regole particolarmente dettagliate che tendono a tutelare il consumatore.

Proprio la necessità di tutela del terzo fa sì che il trasferimento del segno-marchio venga vietato se non si seguono tra le parti le forme tassativamente previste dalla legge.

In tale ambito, il produttore concedente trasferisce l’uso del suo marchio ad un terzo e può anche prevedere un suo particolare controllo sull’attività produttiva del concessionario al fine di esercitare di fatto la tutela del suo marchio.

Questo controllo nel rapporto committente-subfornitore emerge in modo specifico dall’articolo 7 L. n.192/98, sia attraverso l’obbligo del segreto, sia tramite l’intervento del committente che, per verificare l’esecuzione corretta di quanto convenuto, esercita controlli sulla produzione, normalmente previsti nell’accordo base stipulato tra le parti.

Il marchio, in quanto segno distintivo del prodotto sul mercato, ha una sua funzione indipendente dal prodotto stesso e si pone come un bene temporalmente extra ciclo produttivo.

Va comunque considerato che il marchio può anche non aver rilevanza nel contratto di subfornitura: infatti sia che oggetto del contratto sia una fornitura, sia che si tratti di un servizio, l’oggetto del contratto può anche non essere destinato all’immissione sul mercato.

Naturalmente, in tutte quelle ipotesi in cui nel rapporto di subfornitura abbia luogo un trasferimento del marchio, ai fini del decentramento produttivo, si rientrerà nell’ambito applicativo dell’articolo 7.

Nelle varie fasi del ciclo produttivo (fasi oggetto di eventuale subfornitura), la comunicazione del marchio è prevista dall’articolo 1 della legge sul marchio e quindi se le parti vogliono indicare, ad esempio, accessori o pezzi di ricambio col marchio devono attenersi al rispetto delle norme di legge esistenti che tutelano il consumatore.

Normalmente il marchio del committente non viene trasferito al subfornitore e quindi, nell’ambito dell’articolo 7, si tende a far si che il solo committente resti abilitato ad apporre il proprio segno distintivo sul prodotto finito.

Il subfornitore può invocare il suo legittimo diritto ad apporre il proprio marchio relativamente alla parte del processo produttivo da lui svolta, ma tale suo diritto si inquadra nella problematica delle nullità di quelle clausole contrattuali che tendono ad imporre al “committente-soggetto forte del contratto” l’obbligo di non sopprimere il marchio apposto dal subfornitore.

La nullità del patto di disposizione dei diritti di privativa ed intellettuale.

Ai margini della tutela del proprietà industriale nel rapporto di subfornitura si colloca la disposizione dell’art.6 della legge n.192/98, terzo comma, che può essere inserita invece nella più ampia problematica afferente alla nullità delle clausole del contratto e che, come tale, esula dal presente lavoro.

Possiamo, quindi, limitarci ad osservare quanto segue.

L’ultimo comma dell’art.6 L. n.192/98 sancisce la nullità di quei patti con cui il subfornitore dispone, a favore del committente e senza congruo corrispettivo, diritti di privativa industriale ed intellettuale. La norma intende probabilmente combattere la prassi di alcuni committenti di farsi cedere gratuitamente i progetti dai subfornitori per poi poter affidare la fabbricazione dei medesimi prodotti a terzi.

Prassi che svuota la disciplina della proprietà industriale, frustrandone i fini: è evidente che il diritto di privativa viene eroso nella sua essenza se lo sforzo creativo e patrimoniale dell’inventore si trasferisce senza un congruo corrispettivo.

Tra l’altro, si pone il problema (di non facile soluzione) della determinazione della congruità del corrispettivo.

La previsione dell’ultimo comma dell’articolo 6 ipotizza, quindi, una situazione del tutto differente da quello schema tipico del contratto di subfornitura disciplinato dall’articolo 7.

Qui è il subfornitore che possiede le privative industriali od intellettuali indispensabili per l’attività economica, mentre il committente si trova in una situazione di soggezione.

Con la comminatoria di nullità di questi patti il legislatore ha quindi voluto evitare che, attraverso un trasferimento semigratuito, vengano violate le previsioni sulle privative industriali ed intellettuali.

In sostanza, è possibile affermare che con questa previsione si evita che il contratto di subfornitura divenga strumento alternativo alla cessione dei diritti di privativa.

L’articolo 7 e la tutela dei consumatori

Prospettive interessanti si aprono all’interprete che si ponga dal punto di vista della tutela dei diritti del consumatore, che può trovare sul mercato beni non identificabili con il marchio proprio in senso stretto.

Infatti, si può ben affermare che il consumatore finale costituisce il soggetto debole negli scambi commerciali, poiché facilmente influenzabile, sia attraverso la pubblicità stessa, sia mediante la semplice partecipazione al processo produttivo di imprese particolarmente note nel mercato, in quanto costituenti garanzia della qualità del prodotto. E’ quindi necessario che vi sia la piena rispondenza tra il progetto e il prodotto finale.

Si vuole evitare che attraverso il rapporto di subfornitura, le parti possano essere in grado di sfruttare la posizione dominante sul mercato di una di esse con una mera partecipazione al processo produttivo, per ragioni di marketing e di ovvia convenienza economica. In buona sostanza, il decentramento produttivo attuato con l’intervento del subfornitore non deve diminuire la corrispondenza tra progetto e prodotto.

In tal modo, il rapporto di subfornitura “potrebbe, nel rispetto dei propri obblighi, consentire la realizzazione indiretta di un interesse di tipo pubblicistico”, in quanto il legislatore, “attraverso la regola contrattuale, affida al privato la realizzazione di un interesse collettivo, quello dei consumatori” [4]

A questo punto conviene rifarsi alla formulazione dell’articolo 7 della legge 192/98, nel quale si evidenzia un uso reiterato della congiunzione “e”, il quale chiarisce la volontà del legislatore di non limitare la previsione di obblighi specificamente contrattuali, bensì di inserire a tutela del mercato una responsabilità quasi solidale (committente-subfornitore), che completa il criterio della ripartizione dei rischi del ciclo produttivo all’interno del rapporto.

In sintesi, possiamo concludere osservando che l’articolo 7 della legge sulla subfornitura deve essere anche coordinato con l’intento del legislatore tendente a garantire la qualità del prodotto nel decentramento produttivo, partecipando quindi al sistema normativo di tutela del consumatore.

Il problema del coordinamento con l’art. 4 della legge 192/1998.

Da una parte della Dottrina è stato rilevato un problema di coordinamento tra l'art 7 citato e l'art. 4 della stessa Legge che così recita “La fornitura di beni e servizi oggetto del contratto di subfornitura non può, a sua volta, essere ulteriormente affidata in subfornitura senza l'autorizzazione del committente per  una quota superiore al 50% del valore della fornitura, salvo che le parti  nel contratto non abbiano indicato una misura maggiore. Gli accordi con cui il subfornitore affidi ad altra impresa l'esecuzione delle proprie prestazioni  in violazione di quanto stabilito al 1° comma sono nulli. In caso di ulteriore affidamento in subfornitura di una parte di beni e servizi oggetto del contratto di subofrnitura, gli accordi con cui il subfornitore affida ad altra impresa l'esecuzione parziale delle proprie prestazioni sono oggetto di contratto di subfornitura, così come definito nella presente legge”.

L'art. 4 in verità condente un ulteriore deferimento del rapporto di subfornitura, allorchè prevede che se autorizzato dal committente , il subfornitore possa affidare  a terzi la subfornitura. In tale modo le conoscenze riservate sono sottoposte alla ulteriore divulgazione.

In tali ipotesi di “sub-subfornitura” si crea  una problematica che viene risolta tramite accordi che prevedano un vincolo di divulgazione che necessitano di un limite temporale.

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[1] Bertolotti, I contratti di subfornitura; Delfini, Proprietà del progetto, in La subfornitura , a cura di De Nova; Consiglio nazionale dei ragionieri commercialisti, La subfornitura civilistica e fiscale del contratto di subfornitura nelle attività produttive, circolare 27/05/1999, edita da Finanza e Fisco.

[2] Cardarelli, La tutela della proprietà industriale, in La subfornitura nelle attività produttive, a cura di Cuffaro.

[3] Cardarelli, op. ult. cit. p.279

[4] così Cardarelli in op. cit., p.292.


Autore: Claudio Bolletta


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